FEDERICO II, STUPOR MUNDI

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  1. lupog
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    INDICE
    L'IMPERATORE FEDERICO II SI SVINCOLA DALLA TUTELA PONTIFICIA.
    I CONTRASTI TRA FEDERICO II E PAPA GREGORIO IX SULLA CROCIATA
    DALL'APOGEO DEL REGNO DI SICILIA AL DECLINO.
    FEDERICO II IL MECENATE
    documento: la scomunica a Federico II





    L'IMPERATORE FEDERICO II SI SVINCOLA DALLA TUTELA PONTIFICIA.

    Innocenzo III si era garantito da parte di Federico II l'impegno a tenere separati l’impero e il regno di Sicilia affidando questo al figlio Enrico(1212). Dopo la morte di Innocenzo III, Federico inizialmente confermò la promessa al suo successore, papa Onorio III (1216-27), unitamente all’impegno di fare una crociata contro i musulmani. Federico II ben presto cominciò una politica sempre più indipendente dal papa nell'idea innovativa di fare dell' Italia ,e non della Germania , il centro dell'Impero. Perciò egli rinviava continuamente la crociata e si stabiliva in Sicilia dove provvedeva a riorganizzare il regno; eludendo la promessa fatta a Innocenzo III di non unire mai il regno di Sicilia a quello di Germania, fece eleggere re dei Romani il figlio Enrico .Risolti i soliti problemi interni in Germania, Federico scese in Italia ed ottenne da Onorio III la corona imperiale nel 1220 . Fino al 1223 si dedicò alla Sicilia, consolidando l'autorità regia a fronte dei feudatari ribelli, delle tendenze cittadine e riducendo all'obbedienza gli Arabi che deportati a Lucera , formarono là una florida colonia agricolo-militare . Quindi volse lo sguardo all’Italia centro-settentrionale, rinviando ancora la crociata promessa. I Comuni lombardi vedevano in Federico II un emulo di Federico I Barbarossa ed infatti, nel 1226 egli convocò la Dieta di Cremona e dichiarò nulla la pace di Costanza. I comuni allora si unirono nella seconda Lega lombarda , la Lega di San Zenone, ma lo scontro fu evitato grazie alla mediazione di Onorio III.

    Edited by lupog - 19/4/2007, 01:11
     
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  2. lupog
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    I CONTRASTI TRA FEDERICO II E PAPA GREGORIO IX SULLA CROCIATA

    Il nuovo pontefice, Gregorio IX (1227-41), impose a Federico II di partire per la crociata (già dal 1217 si combatteva in Palestina e in Egitto la V crociata) ma di fronte all' ulteriore dilazione dell'imperatore ,motivata da un’epidemia scoppiata tra le sue truppe, lo scomunicò (1227). Federico dovette partire: ma in Terrasanta, evitò la guerra e preferì intraprendere la via della diplomazia e ottenne dal sultano d'Egitto, la restituzione ai cristiani , di Gerusalemme e di altri luoghi sacri e si incoronò anche re di Gerusalemme (1229) Il papa irritato per questo modo di condurre la crociata decise di invadere il regno di Sicilia ma Federico, tornato dall’Oriente, lo sconfisse e costrinse il papa all’accordo di Ceprano (o di San Germano): Federico II venne sciolto dalla promessa fatta di tenere separate la corona imperiale e il regno di Sicilia, e come contropartita concesse al clero immunità fiscali e giuridiche e rinunciò al diritto di conferma dei vescovi eletti.

    Edited by lupog - 19/4/2007, 01:08
     
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  3. lupog
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    DALL'APOGEO DEL REGNO DI SICILIA AL DECLINO.

    A questo punto Federico II lavorò a riorganizzare il regno di Sicilia. Nel 1231 emanò le Constitutiones regni utriusque Siciliae note come “Costituzioni di Melfi", un capolavoro giuridico elaborato da giuristi insigni come Pier delle Vigne ed ispirate al concetto, per i tempi rivoluzionario , di monarchia burocratizzata e centralizzata : il sovrano deteneva nelle proprie mani il potere legislativo, giudiziario ed esecutivo e li esercitava svincolandosi dai poteri feudali per mezzo di funzionari di professione. Un 'organizzazione statale moderna in pieno medioevo. Sistemato il regno di Sicilia l'imperatore cerco di trasferire questo tipo di regime anche al resto d'Italia. Federico II come il Barbarossa si mosse per riaffermare i diritti imperiali sui comuni italiani. Fra il 1230 e il 1241, Federico II, ebbe la meglio: dopo aver stroncato in Germania una rivolta guidata da figlio Enrico (1235), e sedato le liti tra gli Hohenstaufen e i Welfen (i ghibellini e i guelfi tedeschi), si volse in Italia dove sconfisse la Lega Lombarda e la Lega di San Zenone a Cortenuova (1237) . Gregorio IX, temendo che Federico volesse impadronirsi di Roma per farne la capitale dell’impero, lo scomunicò nuovamente nel 1239 e indisse un concilio per deporlo, ma l'imperatore, con una spregiudicatezza mai vista in un sovrano cristiano, fece disperdere dal figlio Enzo presso l'isola del Giglio la flotta genovese con i prelati provenienti d'oltremare facendo in modo che il concilio venisse annullato (1241). Nello stesso anno morirono Gregorio IX (1241) e il suo successore Celestino IV , lasciando vacante per due anni la sede pontificia per la difficoltà di tenere il conclave. Ma con l'elezione a papa di Innocenzo IV venne convocato un altro concilio a Lione (1245)che rinnovò la scomunica deponendo Federico. I principi tedeschi approfittarono della situazione ed elessero come suo successore a re di Germania prima Enrico di Turingia, poi Guglielmo conte d’Olanda ; e i comuni italiani gli si rivoltarono di nuovo. Federico II si avviava al declino: nel 1248 fu sconfitto vicino a Parma e l'anno successivo suo figlio Enzo fu catturato dai bolognesi a Fossalta e rinchiuso in prigione (dove morirà molti anni dopo, nel 1272). Politicamente isolato ,abbandonato anche dai suoi alleati e sfiduciato , Federico II morì in Puglia nel 1250.

    Edited by lupog - 21/4/2007, 19:25
     
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  4. lupog
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    FEDERICO II IL MECENATE

    Federico II fu definito "stupor mundi" “meraviglia del mondo” non solo per le capacità politiche e di stratega militare. Fu un vero e proprio mecenate e circondo la sua corte dei filosofi, letterati, giuristi e scienziati più importanti del suo tempo. Nel 1224 fondò l’università di Napoli: il matematico Leonardo Fibonacci che trasmise in Occidente l'algebra e la geometria riprese dagli arabi, i poeti in volgare italiano Iacopo da Lentini, Cielo d’Alcamo il giurista Pier delle Vigne, lo scultore Nicola Pisano sono solo alcuni esempi di personalità della cultura e dell'arte che godettero della sua protezione. Contribuì alla riscoperta dell’arte classica, ma si mostrò attento cultore anche delle esperienze artistiche contemporanee europee. Federico II si distinse anche nel campo dell'architettura militare, realizzando un sistema di castelli per la difesa del territorio.

    Edited by lupog - 19/4/2007, 01:10
     
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  5. lupog
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    La bolla di Innocenzo IV al concilio di Lione (1245), che ribadì la scomunica e depose Federico II



    «L’imperatore si è reso colpevole di quattro gravi offese, che non si possono ignorare (e per il momento non diciamo nulla degli altri suoi delitti); ha abiurato Dio in numerevoli occasioni; ha rotto sconsideratamente la pace appena ristabilita tra la Chiesa e l’Impero; ha inoltre commesso sacrilegio facendo imprigionare i cardinali della Santa Chiesa Romana ed i prelati ed ecclesiastici che si recavano al concilio proclamato dal nostro predecessore; è anche accusato di eresia, le cui prove certe e schiaccianti [...]
    Perciò Noi, che siamo vicario, di Gesù Cristo in terra ... attestiamo e dichiariamo che a causa dei sunnominati e vergognosi delitti e di molti altri, il predetto principe ...è incatenato dai suoi peccati ed espulso e privato da Dio di ogni onore e dignità; noi pure aggiungiamo la nostra sentenza di deposizione; sciogliamo per sempre tutti coloro, che gli son legati da giuramento di fedeltà, dal giuramento di tal sorta, e rigorosamente proibiamo con l’apostolica autorità che chiunque da questo momento in poi gli obbedisca o lo riguardi come re o imperatore, e decretiamo che chiunque in futuro gli darà aiuto, o consiglio o sostegno, incorrerà “ipso facto” nella sentenza di scomunica.


    Edited by lupog - 19/4/2007, 01:11
     
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    FEDERICO II
    Alla morte dell'ultimo esponente della famiglia degli Altavilla, Guglielmo il Buono, si era venuta a creare una situazione geopolitica che avrebbe reso più precari gli equilibri tra le varie potenze che agitavano la penisola italica: con la morte di Guglielmo, infatti, l'erede al trono di Germania, nonché figlio del Barbarossa, Enrico VI, era convolata a nozze con l'attempata zia di Guglielmo, Costanza, figlia di Ruggero II di Sicilia.
    Si era venuto a creare, così, un territorio vastissimo che comprendeva la Germania e il regno normanno nel sud Italia. Già sul finire del 1190 Enrico si era presentato al cospetto del papa per essere incoronato imperatore; ma a seguito dei forti timori che il pontefice nutriva a ragion veduta da quest'unificazione territoriale che avrebbe di fatto accerchiato lo stato della Chiesa, si manifestava titubante nei confronti dello Staufen; solo perché istigato dal popolo cui Enrico aveva distribuito sacchi d'oro, il papa dovette capitolare concedendo la corona imperiale al figlio del Barbarossa.
    Dopo quest'avvenimento, Enrico si recò verso Napoli con tutta l'intenzione di conquistarla; ma dovette cedere a seguito di un'epidemia che decimò gran parte del suo esercito. Nel frattempo, quindi, ritornò in Germania, soppresse una rivolta che si era sollevata durante la sua lontananza, rivalicò le Alpi, puntando di nuovo sul regno di Sicilia.
    Preliminarmente bisogna sottolineare il fatto che alla morte di Guglielmo i nobili normanni, in una dieta appositamente convocata, avevano nominato Tancredi di Lecce successore del defunto sovrano contro le mire espansionistiche dello Staufen; e il papa si era affrettato a suggellare l'elezione.
    Ma alla morte di Tancredi i nobili di Calabria e Puglia si erano scontrati prima e poi accordati per dividersi l'eredità di Guglielmo e Tancredi; ma Enrico fu così abile che piombò sui nobili ribelli, trucidò gli abitanti delle città ribelli, e imbarcò le sue truppe per la Sicilia.
    L'isola fu devastata dalle orde di Enrico e solo nel novembre del 1194 riuscì ad entrare trionfalmente con la consorte a Palermo, che li accolse con tutti gli onori. Ma l'idillio durò poco: il sovrano era sospettoso per natura ed era ben consapevole che buona parte della popolazione, sobillata dai baroni normanni che ancora ricordavano le gesta dei predecessori, Guglielmo e Tancredi; Enrico mise in atto, allora, una vasta opera di persecuzione nei confronti di coloro che, nobili o borghesi, erano solo lontanamente ostili al suo governo e alla sua persona. Ma la peggiore forma di accanimento la ebbe nei confronti della vedova dell'usurpatore Tancredi e del suo figlioletto: fece deportare in Germania la ex-consorte di Tancredi, mentre il figlioletto fu accecato e rinchiuso in un castello. Ma la sua vendetta si scagliò anche contro il cadavere di Tancredi: lo fece riesumare e gli sottrasse tutte le insegne regali, in simbolo di spregio.
    Domata la Sicilia Enrico ritornò in Germania lasciando a Palermo Costanza e i suoi più fidi collaboratori; nel 1196 fu richiamato in Italia per domare l'ennesima rivolta ma il 29 settembre 1197, colpito da violenti febbri, spirò. Poco prima di morire convocò una dieta in Germani per far riconoscere dai margravi suoi sudditi il figlioletto Federico suo successore al regno di Germania.
    Questi era nato il 26 dicembre 1194 a Iesi in una tenda da campo che la regina aveva fatto allestire nella piazza cittadina. A 4 anni il fanciullo fu nominato Re di Sicilia a Palermo tra i tumulti degli abitanti che reclamavano la dipartita dei tedeschi dall'isola; e Costanza dovette accontentarli.
    La regina, morto il marito, si trovava accerchiata tra due fuochi: non poteva contare più sui tedeschi di suo marito, in quanto li aveva espulsi dall'isola; né poteva fidarsi, ormai, dei baroni e della popolazione siciliana n quanto li aveva traditi per abbracciare la causa tedesca. Ecco perché si rivolse al pontefice, memore dei antichi e buoni rapporti tra il suo casato e lo stato della Chiesa.
    Innocenzo III era un uomo ambizioso, energico ed autoritario; ascendenze nobili tedesche per parte di padre e romane da parte di madre; aveva servito sotto due papi pontefici e durante il pontificato di Clemente III era stato nominato cardinale della chiesa dei SS. Sergio e Bacco. Proprio grazie all'astuzia di questo energico papa, Innocenzo III intervenne nella questione siciliana chiedendo a Costanza, dietro la conferma di Federico a re di Sicilia, la rinuncia a tute le immunità che i principi e sovrani normanni avevano goduto fino ad allora.
    Costanza, a malincuore, accettò, poco prima che nel 1198 calasse anch'essa nella tomba: era il 1198. Nel contempo Innocenzo III assunse il ruolo di tutore del giovane Federico.
    Alla cura e l'educazione del giovane principe, Innocenzo prepose una serie di dotti e teologi che presero dimora nel Palazzo reale a Palermo. Già in tenera età stupì i suoi precettori per la vivacità d'ingegno: a 4 anni sapeva già leggere e scrivere; ben presto si applicò nello studio della storia, filosofia, teologia, matematica, astronomia, botanica e imparò ben sette lingue tra cui l'ebraico, il greco e l'arabo.
    Riguardo la sua fisionomia, era di altezza non superiore alla media, robusto e ben piantato, il colorito era bruno, con le gote rosa prive di barba, i capelli castani, gli occhi chiari e leggermente strabici, il naso prominente e il mento forte, le labbra sottili.
    Nel 1209, anno in cui Federico, ormai quattordicenne, usciva dalla minorità e quindi dalla tutela del pontefice, Innocenzo in S. Pietro coronò imperatore Ottone di Brunswick, sulla base del presupposto che il principe non poteva contemporaneamente cingere la corona siciliana e quella imperiale. La dinastia degli Staufen considerarono, a questo punto, Ottone un usurpatore; sorsero rivolte in Germani e un'eco di queste lotte intestine si riverberarono anche in Italia. Ottone valicò le Alpi nella primavera del 1210 dirigendosi verso l'Urbe: qui fu acclamato re dei Romani, mentre in cambio della sua elezione riconobbe i confini dello Stato Pontificio che includevano l'Esarcato, la Pentapoli, la marca d'Ancona, il ducato di Spoleto i beni matildini e la contea di Brittenoro. Confermò, inoltre, i diritti che la Chiesa accampava sulla Sicilia con ciò ignorando la potestà di Federico su quei territori.
     
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    Ma ben presto i rapporti tra Ottone e Roma si guastarono. ben presto, infatti, scoppiò una rivolta che costrinse i soldati tedeschi ad acquartierarsi presso Montemario; a ciò aggiungasi una violenta epidemia ch costrinse l'esercito di Ottone ad abbandonare in tutta fretta Roma e a dilagare nei territori una volta appartenuti alla grancontessa Matilde. A questo punto Innocenzo si accorse che il principe di Brunswick aveva tradito le sue aspettative: da fedele sovrano guelfo si era trasformato in un acerrimo ghibellino. Ma il papa aveva un'altra grande carta da giocare nello scacchiere italiano: il suo pupillo Federico che all'epoca aveva appena compiuto 16 anni. Con un'abile manovra Innocenzo scomunicò Ottone ma grazie ai suoi fedelissimi insediati a Roma, sobillò la popolazione locale che si sollevò contro il pontefice. Il papa giocò la stessa carta inviando emissari in Germania a sobillare i nobili tedeschi contro il principe di Brunswick: la conseguenza fu la scomunica dell'imperatore da parte di Innocenzo III. La scomunica, a quei tempi, era un'arma più politica che spirituale: i principi tedeschi, come le città del nord Italia che durante la sua calata verso Roma gli avevano aperto le porte, adesso li si voltarono contro. In una dieta a Nurberg i principi tedeschi dichiararono decaduto Ottone e elessero in sua vece il giovane Federico come loro re. Ottone, che si trovava in Puglia, a marce forzate si ritirò in Germania per sedare la rivolta e ripristinare lo status quo. Fu proprio a quel punto che Federico fu indotto dal papa a partire per la Germania per reclamare i suoi diritti di sovrano tedesco e deporre una volta per tutte l'usurpatore Ottone.
    Ai primi di aprile del 1212 Federico partì da Palermo alla volta di Roma dove fu accolta dal papa (che lo vedeva per la prima volta) con tutti gli onori: lo coronò imperatore con l'impegno di non riunire mai la corona di Sicilia con quella dell'Impero. Poi, donatagli una forte somma di denaro per guadagnare i principi tedeschi alla cause della Chiesa (e dell'Impero), partì alla volta della Germania.
    Nel 1214 in Europa si scontravano due grandi regni che avrebbero segnato le sorti del vecchio continente nei secoli a venire: si combattevano gli eserciti di Filippo Augusto, sovrano di Francia, e di Giovanni Senza Terra, re d'Inghilterra e zio di Ottone. La sconfitta nel 1215 di Giovanni fece capitolare le speranze di riconquista della corona imperiale da parte di Ottone di Brunswick. Per alcuni mesi rimasero accesi focolai di rivolta, ma con la presa di Aquisgrana e Colonia nello stesso anno, anche questi residui tentativi di ribellione a Federico si spensero.
    In blocco i seguaci di Ottone passarono dalla parte di Federico. Una volta debellati gli ultimi oppositori fece celebrare una messa ad Aquisgrana davanti il sepolcro di Carlomagno; quindi, dopo la funzione religiosa, fece scoperchiare il sepolcro, depose in terra manto, spada e corona e si raccolse in preghiera. Al termine giurò solennemente che avrebbe organizzato e partecipato a una Crociate che avrebbe liberato il Santo Sepolcro, adesso nuovamente in mano agli infedeli musulmani.
    Il vero vincitore dello scontro per il raggiungimento del potere temporale era stato Innocenzo: con abili mosse aveva proposto prima un candidato alla corona, poi, visto il tradimento dei propositi iniziali, lo aveva destituito, ponendo la corona imperiale al suo pupillo Federico. Non poté vedere i frutti di questo suo grande piano in quanto nel giugno del 1216 lo colse a Perugia la morte.
    Il nuovo papa, Onorio III, apparteneva alla nobile casata dei Savelli; era stato precettore di Federico in Sicilia e prima ancora aveva assunto il titolo di camerario assegnatogli da Innocenzo III; salì al soglio di Pietro all'età di 90 anni...forse anche per questo i padri del conclave lo scelsero, non preventivamente che la forte tempra del vecchio papa lo avrebbe portato a vivere fino a 100 anni!
    Ciò che interessava ad Onorio, che non amava le disquisizioni teologiche o dottrinarie tanto care ai bizantini, né i disegni politici, ma la riconquista di Gerusalemme, nuovamente occupata dai turchi.
    Ecco perché più volte sollecitava Federico di adempiere il suo antico patto. Ma l'imperatore, nonostante la minaccia di scomunica, sembrava non ascoltare le richieste di Onorio: era più interessato a sedare le rivolte dei riottosi signori tedeschi che non accettavano la nomina a re di Germania del figlio Enrico; oppure a combattere i baroni siciliani che mal tolleravano, come ai tempi del padre Enrico VI, la presenza dei tedeschi sull'isola.
    Federico ben presto ebbe la meglio sugli uni e sugli altri: riuscì a far incoronare re di Sicilia e di Germania il figlio Enrico, mentre il pontefice stanco e privo di energia, in balia alla popolazione, al senato e ai nobili romani, il 22 novembre 1220 si decise ad incoronare Federico imperatore. Questi, dal canto suo, riconfermò tutti gi antichi privilegi di cui era stata depositaria la Chiesa ai tempi di Ottone di Brunswick, e si impegnò a mantenere la promessa fatta anni addietro nella cattedrale di Aquisgrana sulla Crociata in Terrasanta; ma anche in seguito Federico tradirà quest'aspettativa. Ben presto, infatti, si mise in marcai per la Puglia dove riunì i nobili locali e promulgò le nuove leggi del regno.
    Successivamente Federico si volse al Nord Italia dove nuovamente i comuni erano in fermento: come ai tempi del nonno, il Barbarossa, avevano ricostituito la lega lombarda; ma la morte di Onorio e la nomina al soglio papale di Gregorio IX lo ricondussero nuovamente in Puglia. Al nuovo pontefice, anch'egli anziano e pieno di acciacchi, premeva, come al suo predecessore, la Crociata in Terrasanta. Federico, pur non avendo alcuna voglia di partire per i Luoghi Santi, salpò con diverse navi alla volta della Palestina dal porto di Brindisi; ma una terribile epidemia scoppiata a bordo, ma di cui le prime avvisaglia si erano scorte poco prima di salpare, costrinse il sovrano e il suo esercito a fare rotta verso Otranto, dove le navi erano ormai ridotte ormai a tombe. Lo stesso Federico fu contagiato ma si salvò per miracolo.
    Nonostante avesse inviato una missiva al pontefice asserendo che la Crociata era solo rimandata per causa di forza maggiore, ma sarebbe stata portata a termine nel più breve tempo possibile, Gregorio montò su tutte le furie e scomunicò Federico.
    L'Italia e l'Europa si divisero tra i due contendenti: da un lato il papa accusava l'imperatore di spergiuro, eresia e ateismo, l'impero replicava additando la Chiesa di Roma di simonia, corruzione e dispotismo. Anche le città italiane si divisero: l'Urbe prese le parti do Federico, condannando Gregorio ad una fuga verso Viterbo; di tutta risposta il pontefice scagliò l'anatema sulla capitale della cristianità.
    A questo punto l'imperatore capì che l'unico modo per riconquistare la fiducia prima dei suoi vassalli, e poi del papa era portare a compimento ciò che aveva promesso; organizzò la Crociata e si imbarcò per la Palestina. Ma i cristiani allocati in loco non erano minimamente interessati a unire le loro armi con un sovrano che per quanto potente, era stato espulso dalla cristianità, in quanto scomunicato. Adesso a Federico non restava che la carta diplomatica. Inviò un'ambasceria presso la corte del sultano Al Kamil che fece lo stesso con Federico: gli emissari turchi rimasero stupefatti dal grande rispetto che l'imperatore poneva verso la cultura araba; ben presto questo scambio diplomatico divenne rispetto e stima reciproca. La conseguenza fu che il sultano lasciò ai cristiani le città di Acri, Giaffa, Sidone, Nazareth, Betlemme e Gerusalemme.
    Ma anche quest'atto mandò su tutte le furie Gregorio che mal sopportava che una guerra santa contro gli infedeli potesse essere condotto e conclusa con la sottile arte della diplomazia e non con spargimenti di sangue a danno degli infedeli musulmani. Ecco perché Gregorio fomentò una rivolta nel Mezzogiorno d'Italia che indusse Federico e sbarcare precipitosamente in Puglia.
     
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    Appena giunto l'imperatore inviò un emissario dal papa con l'intenzione di riconciliarsi, ma Gregorio si rifiutò di riceverlo. A questo punto Federico mise a ferro e fuoco le città filopapaline e solo allora il pontefice accondiscese a siglare un accordo con il sovrano: ma tale patto fu di breve durata in quanto Gregorio si mise in contatto coi Comuni del Nord contro l'imperatore. Di lì a poco Federico dovette ritornare in Germania nel 1235 in quanto il figlio erede al trono, Enrico, era in combutta con i principi ribelli per spodestare il genitore dal trono; appena rientrato sconfisse i margravi ribelli, fece arrestare il figlio, lo fece accecare e rinchiudere in un castello in Puglia dove sei anni dopo morì.
    Quando ritornò in Italia, i Comuni del Nord erano di novo in fermento; dopo una breve ma sanguinosa battaglia che lasciò sul campo migliaia di italiani che lottavano per le libertà comunali, il Carroccio fu conquistato dagli invasori e inviato a Roma a mo' di trofeo.
    Tutte le città lombarde si piegarono ai piedi dell'imperatore, ad eccezione di Brescia e Milano; in particolare Milano aveva avanzato delle contro richieste al sovrano che furono da lui prontamente respinte in quanto esigeva dalla capitale lombarda la resa incondizionata. Prima di attaccare il capoluogo lombardo, Federico si rivolse verso Brescia; l'assedio fu lungo e logorante all'esito del quale il sovrano adottò la stessa tecnica posta in essere dal nonno Federico il Barbarossa: sulle torri che cingevano d'assedio la città fece legare prigionieri bresciani a mo' di scudo; non per questo gli assediati si fecero scrupolo di colpire i propri concittadini; per tutta risposta lo stesso sistema fu adottato da Brescia che lungo le mura cittadine fece ammassare i prigionieri tedeschi che furono massacrati senza alcun indugio. Dopo 3 mesi di lungo ed estenuante assedio, gli assedianti dovettero capitolare, ritirandosi: la lotta per la conquista dei Comuni ribelli era terminata. Il papa ne approfittò per aizzare contro o Staufen Genova e Venezia.
    Nel marzo del 1239 Gregorio scomunicò per la seconda volta Federico, accusandolo si spergiuro, eresia, e di aver sobillato i romani contro di lui; di tutta risposta l'imperatore rispose accusando il papa e la Chiesa romana di avarizia, calunnia e falso. Nel 1240 sul Regno di Sicilia si abbatterono le prime purghe: i preti filopapalini furono destituiti e al loro posto insediati sacerdoti filoimperiali; i beni della Chiesa furono confiscate e incamerati nell'erario dell'impero; mise al bando i frati mendicanti e secolarizzò l'abbazia di Montecassino. Quindi invase lo stato pontificio con i fine di annetterselo.
    Il Lazio spalancò le porte all'imperatore, un pò per paura, un pò per livore nei confronti del papa; a Roma vi era un forte partito filoimperiale capeggiato dai Frangipane, mal'oro dei Colonna e degli Orsini fedeli al papa ebbe il sopravvento tra le fazioni politiche romane. I Romani, inoltre, temevano che l'entrata del sovrano nella città annullasse quel pò di autonomia, o meglio di anarchia che regnava nell'Urbe, così come era accaduto in Sicilia.
    Una solenne processione presieduta dal pontefice cui partecipò gran parte del popolino romano bigotto, indusse Federico a tornarsene in Puglia. Il Papa offrì una tregua che ruppe non appena gli giunsero truppe fresche e ben equipaggiate. Lo stesso cardinale Colonna, artefice della tregua, visto il voltafaccia del pontefice, passò alla fazione ghibellina.
    Il 9 agosto 1240 Gregorio indisse un concilio che si sarebbe dovuto tenere l'anno successivo e in cui il pontefice invitava i padri conciliari a confermare le accuse di eresia nei confronti dell'imperatore eretico. Di tutta risposta Federico inviò una missiva a tutti i partecipanti al concilio invitando loro, con parole piene d'enfasi, a non recarsi al raduno ecclesiastico; alcuni di oro intesero le parole rivoltegli e non vi parteciparono; altri, sfidando l'autorità imperiale, si recarono a Genova per imbarcarsi alla volta del Lazio su navi messe a disposizione dalla Repubblica di San Giorgio.
    Il 3 maggio 1241 le navi conciliari furono intercettate nei pressi della Meloria da alcune galere pisane e siciliani fedeli a Federico; alcune di esse affondarono e colarono a picco, mentre altre furono abbordate, catturate e condotte a Napoli. I padri conciliari furono incatenati, alcuni di loro inchiodati ai remi, per poi essere internati nelle carceri del regno. Questo fu un duro colpo per o Stato pontificio che a mezzo del pontefice definì l'atto sacrilego come "un empio attentato". In ogni modo il sovrano tedesco assestò un altro duro colpo al pontefice invadendo il Lazio e portandosi sotto le mura della città romana. Nell'agosto del 1241 giunse una notizia che portò enorme contentezza tra le file degli invasori: il pontefice, sotto la soglia dei 100 anni era morto; i padri conclavisti si affrettarono a nominare un nuovo pontefice al fine di tener testa a Federico e la scelta cadde su Celestino IV; ma questi, anziano pressappoco come il precedente, dopo appena due settimane di pontificato morì. Il Lazo tutto e l'intera città di Roma cadde nel caos e nell'anarchia; i conclavisti si rifiutarono di eleggere un nuovo papa e si ritirarono nei loro manieri nei dintorni di Roma; ma Federico non invase e entrò vittorioso nell'Urbe ma so mantenne sotto le sue mura.
    I romani ne approfittarono per compiere varie scorrerie nei confronti delle città laziali che si erano schierate dalla parte del sovrano tedesco che, prima di ritornarsene in Puglia, ammonì i cardinali a nominare al più presto un nuovo papa (a lui favorevole). Poiché i padri conclavisti temporeggiavano sulle richieste dello Staufen, Federico rivarcò i confini del Lazio mettendo a ferro e fuoco le città limitrofe Roma. Immantinente i cardinali si riunirono ad Anagni ed elessero nuovo pontefice un uomo vicino al sovrano, Innocenzo IV, al secolo Sinibaldo Fieschi. Sembrava che li accordi presi tra le parti contendenti avrebbero messo fine ad un conflitto che andava avanti ormai da quasi 30 anni. Tutto sembrava andare per il meglio quando la guelfa Viterbo si sollevò al grido di "Chiesa, Chiesa!". Federico dovette cingere d'assedio l'ennesima città che gli si era ribellata, ma la resistenza fu così strenua ed energica che le truppe tedesche dovettero ritirarsi; nel contempo altre città laziali e comuni gli si erano ribellati. Stanco dal continuo combattere e desideroso di addivenire ad una tregua duratura, Federico riprese le trattative col pontefice.
    Questi, dal canto suo, cosciente della posizione di vantaggio in cui trovavasi, pose delle condizioni alquanto dure per l'imperatore: concedere gli antichi privilegi di cui godeva la Chiesa prima della lotta con Federico; liberare i progionieri guelfi che ancora languivano nelle carceri del regno; riconoscere la superiorità della Chiesa sul potere temporale dell'imperatore; concedere maggiore autonomia ai comuni lombardi; tutte condizioni che l'imperatore considerava inaccettabili. A questo punto Innocenzo, temendo una rappresaglia imminente del sovrano, si partì da Roma alla volta di Genova dove fu accolto con tutti gli onori dai propri concittadini. Dopo tre mesi il pontefice lasciò il convento di Sant'Andrea dove aveva chiesto ospitalità a si recò a Lione: qui convocò un concilio che dichiarò deposto l'imperatore. Di tutta risposta Federico si appello a tutti i principi europei per ribellarsi ai soprusi e alla rapacità della Chiesa di Roma; la controrisposta del pontefice non si fece attendere esortando quegli stessi principi europei a non seguire sulla scia della perdizione e dell'eresia l'imperatore tedesco. Ma Innocenzo non si limitò a questo: con le sue spie e i suoi emissari mise in cattiva luce lo Staufen presso tutte le maggiori e più importanti corti europee, in primis in Germania allo scopo di fare terra bruciata tuttintorno al sovrano tedesco.
    Federico, a questo punto, era consapevole che nella lotta per la supremazia avrebbe avuto la peggio,conscio anche del fatto che prima o poi i propri vassalli in Germani lo avrebbero abbandonato per non incorrere nell'anatema del pontefice; chiese a questi una pace che fu respinta. In tutte le parti dell'impero sorsero focolai di ribellione; in Sicilia i baroni ribelli furono massacrati dalle truppe imperiali; nell'inverno del 1248 i cittadini parmensi, assediati dall'esercitò imperiale, uscirono di sorpresa dalla mura della città, piombarono sugli accampamenti nemici e ne massacrarono i soldati. Ma anche dal punto di vista personale Federico subì forti rovesci: il suo amico e fido consigliere Taddeo di Suessa cadde in battaglia; il figlio naturale, Enzo, fu catturato dai bolognesi e rinchiuso in una prigione, seppur dorata. Ormai l'imperatore, vecchio e malato, si ritirò a Ferentino, presso Lucera, dove morì di dissenteria.
     
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    Scusa Seiano, ma che io sappia Federico non fece accecare il figlio Enrico, si limitò a tenerlo prigioniero nei regni del sud fino alla morte, forse per suicidio (era affetto da lebbra).
    Fece accecare Pier delle Vigne, suo cancelliere, che si suicidò prima del processo.

    Edited by Romeottavio - 31/5/2014, 18:24
     
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    Sì Romeo, in effetti no risulta che fosse stato accecato. La bibliografia da cui ho tratto quest'informazione (Storia d'Italia di Montanelli) asserisce questo, però.
    Su alcuni punti ho notato che è un l'esposizione è alquanto romanzata, non conforme alla storiografia ufficiale. Se notate, perciò, qualche discrepanza è dovuto al metodo espositivo adottato.
     
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    Si narra che prima di morire Federico avesse convocato al suo capezzale l'arcivescovo di Palermo, Berardo, per farsi confessare, non prima di aver indossato la tonaca dei cistercensi. Di lì a poco morì.
    Era un vero e proprio autocrate: basti pensare che fissò il 26 dicembre, anno in cui era nato, festa nazionale, e in quell'occasione stabilì che in quella data fosse distribuita carne, pane e vino ai più poveri. Quando doveva giudicare si faceva issare su un grande baldacchino, quasi sospeso in aria, mentre dal soffitto pendeva una grande corona.
    La longa manus riguardava ogni settore: dal'agronomi, alla botanica, all'ingegneria idraulica...era lui, infatti, che predisponeva i canali d'irrigazione come era lui che selezionava le sementi per la coltivazione. Impiantò in Sicilia la coltivazione della canna da zucchero e fece costruire a Palermo una grande raffineria. Tutti i proprietari terrieri erano tenuti a coltivare il proprio podere e chi non o faceva perdeva la proprietà a favore del vicino.
    Sviluppò il commercio e incentivò i propri mercanti ad aprire empori e fondachi nel Nord Africa, in Spagna, in Grecia. Questi stessi mercanti che giunsero fino in India.
    Ma Federico si interessò anche a dare un ordinamento unitario a quella congerie di razze, popoli, etnie che costituivano il so vasto impero. Ecco perché a lui si deve la promulgazione delle Costituzioni di Melfi, redatte sulla falsariga del Codice giustinianeo di 7 secoli prima. L'eretico (o meglio agnostico) Federico non aveva un proprio credo religioso, ma pretendeva che i suoi sudditi l'avessero: e la religione doveva essere quella cattolica, non perché in cuor suo abbracciasse la fede cristiana, ma per semplice esigenza politica. Considerava l'eresia un delitto al pari di quello di lesa maestà e di tradimento.
    Nei confronti delle altre due maggiori etnie non adottò nessun sistema persecutorio: allontanò, però, i musulmani dalla cosa pubblica mentre obbligò gli ebrei ad indossare speciali abiti e a portare la barba lunga per riconoscerli dai cristiani; inoltre concesse loro la pratica dell'usura, nonché il monopolio del commercio della seta e delle tintorie.
    Il ghibellino Federico, ad ogni modo, usò la mano pesante contro la chiesa di Roma; costrinse la curia a pagare le imposte, scacciò i preti riottosi o che mal osservavano gli insegnamenti di Cristo, abolì le decime e bandì gli ordini monastici. Altra grande innovazione che si deve all'imperatore fu la sottrazione del monopolio della cultura e dell'insegnamento al clero per creare una nuova università in cui potessero essere formati i futuri funzionari e dirigenti della macchina burocratica statale: l'ateneo Federico II a Napoli. In essa insegnarono Roffredo di Benevento, docente di diritto civile, Arnaldo, interprete di Aristotele, Pietro d'Irlanda, che tra l'altro ebbe tra i suoi allievi o stesso Tommaso d'Aquino.
    Ma il sovrano amava anche circondarsi di odelische, paggi, nani, buffoni, giocolieri, che allietavano la sua corte: quando alcuni di essi si ammalavano li faceva curare dai suoi migliori medici; questa sua propensione per tali persone fecero sorgere la calunnia sulla sua omosessualità; il che può darsi sia stato anche vero, ma ciò non toglieva il fatto che nella sua vita ebbe numerose amanti, molte anche alla luce del sole. Quando la sua terza moglie, Isabella d'Inghilterra, si rese conto dell'ambiente di corte di cui si circondava il marito, si rinchiuse nel palazzo di Foggia.
    Il suo seguito era composto anche dei più esotici animali che Federico si faceva portare dalle parti più remote d'Europa e dell'Africa: cammelli, leoni, scimmie, pantere, pappagalli falconi, che trattava e curava come esseri umani; com'è noto proprio a questi ultimi animali e alla nobile arte della falconeria egli compose e dedicò un trattato, De arte venandi, che riscosse molto successo anche nei secoli a venire.
    LA sua scuola siciliana riuniva i più grandi letterati dell'epoca, tra cui i provenzali Sordello, Floquet de Romans, ma soprattutto Jacopo da Lentini; proprio presso la scuola siciliana si formò la prima lingua in volgare (si pensi a Cielo d'Alcamo), che l'imperatore regolarmente utilizzava nei colloqui informali.
    MA l'imperatore si dilettava egli stesso a componimenti poetici che all'epoca riscuotevano anche un certo successo; lui stesso li declamava di sera, nell'intimità dei familiari e dei pochi amici, quali Ezzelino da Romano, il terribile genero ghibellino che portò avanti una politica filoimperiale e anticomunale; e il cancelliere Pier delle Vigne.
    Alla sua corte trovarono asilo anche filosofi ebrei, scienziati spagnoli e matematici siriani. Certamente una delle figure più particolari del tempo fu Michele Scoto, uno dei maggiori interpreti delle opere di Aristotele, nonché astronomo e mago. Si diceva che le sue predizioni fossero infallibili: quanto fosse vero non è dato sapere, certo è che, sapendo che sarebbe morto con un sasso piombatogli sulla testa, cominciò a girare con un elmo sulla testa; questo non gli valse la possibilità di salvarsi allorquando effettivamente una tegola gli cadde in capo uccidendolo.
    Anche nella vita quotidiana egli consultava gli astri; così come quando doveva cominciar battaglia o assediare una città; la lettura degli astri era per lui imprescindibile. Durante le battute di caccia si fermava ad osservare la natura e tutte le sua manifestazioni, dal volo degli uccelli, ai corsi d'acqua alle "voci" della natura.
    Di notte si calava negli anfratti del castello per sezionare i cadaveri e analizzarne le parti interne, le viscere e gli umori.
    Ma quando i continui rovesci e i gravi lutti che accompagnarono gli ultimi anni della sua vita si fecero più pesanti, il sovrano divenne sospettoso, anche nei confronti dei suoi più fidi amici e collaboratori. Ordinò di accecarli per poi ucciderli; quindi diede disposizioni ai suoi emissari di informarlo di qualsiasi movimento sospetto sia all'interno della corte che all'esterno; ma il colpo di grazia lo ebbe quando venne a conoscenza della cattura di suo figlio Enzo che, insieme a Manfredi, erano i suoi due prediletti. Un suo medico, conscio dello stato di prostrazione in cui versava l'imperatore, tentò anche di avvelenarlo. Anche il suo fido cancelliere Pier delle Vigne si dice avesse tramato contro di lui e per questo fu messo a morte: quanta parte, nel complotto per eliminare l'imperatore, avesse avuto questo insigne personaggio è ancora avvolto nel mistero. Sul tradimento di Pier delle Vigne si è molto romanzato: si è detto che avesse tentato di sedurre la moglie di Federico, cosa molto improbabile sia per l'avanzata età del cancelliere, sia perché lo stesso Federico avrebbe dato scarsissimo peso a questa fandonia; si dice che, al contrario, Federico avesse tentato di concupire la moglie del delle Vigne; ma anche questa sembra una bufala messa in giro dai detrattori di Federico. Sembra più naturale pensare che il fedele consigliere dell'imperatore si fosse accorto che la partita nella lotta per le investiture fosse ormai persa per l'impero, e per questo avesse preso accordi segreti col Papa contro per deporre l'imperatore. Smascherata la congiura, Pier delle Vigne fu accecato e in attesa della condanna a morte durante un trasferimento dal carcere di San Miniato a quello di Pisa, aizzò il mulo su cui era stato posto, e si sfracellò contro un sasso.
    Ormai invecchiato anzitempo, questa fu uno degli ennesimi fatti gravi (oltre la prigionia del figlio Enzo) che incupì ulteriormente la fibra dell'imperatore che gli ultimi anni di vita ritirato nel palazzo di Foggia.
    Fu un genio per il suo tempo, un antesignano della cultura rinascimentale, come alcuni storici hanno asserito; ma le sue conquiste, principalmente quelle militari, non sarebbero state destinate a sopravvivergli; un'altra potenza europea stava affacciandosi in Italia e nel Mezzogiorno e avrebbe spazzato via le ultime presenze sveve in Italia, prima con la sconfitta del figlio Manfredi a Benevento, poi del nipote Corradino a Tagliacozzo: quella di Carlo d'Angiò e della dominazione angioina.
     
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