IL DIRITTO ROMANO ARCAICO

Dalle origini a quello preclassico

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    Il diritto romano arcaico è legato a quello relativo alla civitas quiritaria. Copre un periodo che va dall'VIII alla metà del IV secolo a.C., ovvero, volendo avere date più precise, dal 753 al 367 a.C. anno dell'emanazione delle leges Liciniae Sextiae.
    La civitas Quiritium, al di là delle trazioni mitiche tramndateci relative a Romolo, sorse grazie ad una confederazione di 3 tribus di origini sabine, latine e, forse, etrusche e perciò definite "tribù genetiche", stanziate lungo le rive del Tevere, intorno al Collis (l'attuale Quirinale) e il Septimontium (Palatino, Esquilino e Celio): quella dei Ramnes, dei Tities e dei Luceres. A loro volta le gentes erano il risultato dell'aggregazione di piccoli gruppi parentali, le familiae. Quest'ultime, originariamente erano costituite dalla famiglia classica così come noi oggi la intendiamo: madre, padre, figli. Ma le esigenze, soprattutto esogene al nucleo familiare (prima fra tutte la necessità di procacciarsi i mezzi di sostentamento per sopravvivere) portarono alla creazione di una famiglia "allargata" anche a membri non strettamente legate alla famiglia primitiva. Addirittura la tendenza all'unione sopravviveva anche dopo la mprte del pater familias tra i fratelli superstiti: donde la creazione di un consortium fratrum.


    Edited by Seiano - 17/2/2007, 11:53
     
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    La civitas trovò la sua espressione "politica" in un'assemblea, il senatus, così chiamata per l'anzianità (senectus) dei suoi membri. All'interno di essa veniva nominato un rex, simbolo dell'unità cittadina e sommo sacerdote.
    I Quirites di sesso maschile, padri e figli, erano chiamati a formare i "comizi curiati" per prendere parte alle cerimonie religiose e conoscere le delibere del rex.
    Durante questa prima fase del diritto romano arcaico, le istuitzioni giuridiche e statali erano rappresentate:
    1) dagli accordi federativi (foedera) intercorrenti tra i patres gentium e quelli tra i capi delle tribus;
    2) dalle decisioni prese dai patres all'interno del loro nucleo sociale, che il rex proclamava pubblicamente davanti ai comitia e che per tale motivo vennero definite leges regiae;
    3) dai "costumi degli antenati", i cd. mores maiorum, ovverossia gli usi, i costumi, le tradizioni degli antenati nelle tribus, e prima ancora nelle gentes e nelle familiae, con lo scopo di regolare la convivenza dei componenti di un gruppo sociale elementare (familia) o complesseo (gentes, tribus).
    La violazione da parte di chiunque di queste prime fonti del diritto romano era considerato nefas per la comunitaà costituita, legittimando chiunque ad usare la violenza nei confronti del trasgressore, financo cagionandogli la morte allo scopo di sedare le ire dei degli dei.
    Originariamente il diritto quiritario stricto sensu era soltanto quello che si basava sui mores maiorum: dal momento, infatti, che questo regolava i rapporti interparentali tra le varie familiae prima, le gentes e le tribus poi, costituì il nucleo centrale di quello che sarebe divenuto il ius Quiritium, il diritto quiritario.

    Edited by Seiano - 17/2/2007, 17:52
     
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    Nel corso del VII secolo a.C. Roma subì l'influenza etrusca, non perché occupata manu militari, ma per l'ascesa al potere di una gens di orignine etrusca, la gens Tarquinia. (Per una disamina dettagliata sui 7 re di Roma e in particolare degli ultimi tre Tarquinii, si può consultare l'apposito 3d http://storiaepolitica.forumfree.net/?t=11065336).
    Le innovazioni riguardarono soprattutto l'apparato militare: la fanteria divenne oplitica, cioè pesantemente armata (cd. classis); dall'altro lato la cavalleri divenne un reparto ausiliario.
    Allo scopo di rafforzare numericamente il contingente della fanteria, Servio Tullio arruolò coscritti tra i contadini che popolavano il contado suburbano attorno Roma, nella speranza che questi, interessati a difendere le propie terre dalle invasioni di popoli limitrofi, avrebbero difeso la città contro qualsiasi attacco esterno. Si procedette ad una ripartizione del territorio dell'Urbs in 4 tribù territoriali urbane, e un numero crescente di tribù rustiche nel territorio attorno Roma.
    La conseguenza diretta di questa nuova forma di coscrizione fu che l'exercitus centuriatus (la centuria era l'unità elementare della fanteria riformata) era composta prevalentemente da una massa di contadini, non Quiriti (cittadini), che, in cambio delle terre concesse nelle zone attorno Roma, prestavano servizio nell'excercitus centuriatus.
    Si venne a creare quella che nei secoli a venire sarebbe stato il motivo scatenante delle lotte di classe: la divisione in patricii o Quirites, cittadini; e un numero sempre crescente di non cittadini, che sarebbe affluita in qyella che fu definita in seguito la plebs. Di questa facevano parte oltre contadini, artigiani residenti nelle tribù urbane, forse gli abitanti dell'Aventino (quest'ultima tesi avrebbe le sue basi sulla tradizione storica e che vuole Anco Marcio assegnare l'Aventino ai plebei come sede stabile), e quanti si stanziarono nelle tribù territoriali romane.
    La fine della monarchia (avvenuta secondo la tradizione storica con la cacciata di Tarquinio il Superbo grazie alla rivolta di Bruto e Collatino nel 510 a.C.) sareebbe avvenuta in modo graduale in quanto:
    1) la carica del rex non fu abolita repentinamente ma lasciò il posto a quella del praetor (dal latino prae-itor, colui che va prima, condottiero), rinnovato ogni anno dall'esercito centuriato;
    2) quest'ultimo, oltre a rappresentare l'organo cardine di difesa della città, divenne sempre più il supremo organo deliberante della stessa.
    L'anno del compromesso fu il 367 a.C. in cui furono promulgate le Leges Liciniae Sextiae grazie alle quali fu concessa la cittadinanza anche ai plebei che a tutti gli effetti "cittadini della comunità romana".
    Contemporaneamente la figura del rex lentamente scomparve per lasciare il posto a 2 pretori (di cui uno poteva anche essere plebeo), eletti annualmente a suprema carica dello stato.
    P.S. Da notare che i 2 pretori del periodo arcaico costituiscono gli antesignani di quelli che in piena età repubblicana saranno i futuri consoli.

    Edited by Seiano - 17/2/2007, 21:52
     
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    Contemporaneamente e a integrazione del ius Quiritium sorse e si sviluppò, durante il periodo della rivoluzione plebea, il cd. ius legitimum vetus, caratterizzato dall'emanazione di leges allos scopo di regolamentare i rapporti tra classi sociali: quella dei patricii e quella dei plebei. Questo tipo di leggi si distinguevano da quelle caratteristiche del periodod seguente (cd. leges publicae ) per un trattao distintivo: venivano elargite dai patres quiritariattraverso il rex, oppure per mezzo del praetor comandante dell'esercito.
    Tra le leggi emanate durante questo periodo possono annoverarsi sicuramente le Leggi delle 12 tavole (leges duodecim tabularum), emanate tra il 451 e il 450 a.C. Esse, infatti, rappresentano non soltanto una delle più antiche testimonianze legislative afferenti questo periodo; ma, grazie ad esse, furono fissate in maniera chiara ed esplicita le procedure, le norme, le regole, che un provato cittadino doveva seguire per ottenere l'accertamento la realizzazione dei propri interessi in sede giudiziarie: da questo punto di vista le leges in parole avevano una valenza spiccatamente processualistica. (Grazie ad esse, si formarono quelle che successivamente furono chiamate le procedure per legis actiones ).
    Sul finire del V e i primi decenni del IV secolo a.C. accanto alle leges , si affiancò un'altra fonte del dirito: l'interpretatio pontificum, attività giusdicente deputata ai pontifices. Questi ultimi erano i veri depositari dei mores maiorum e del ius Quiritium, ed erano sempre più frequenti i casi in cui i loro responsa erano richiesti dai privati cittadini in merito al'esatta interpretazione del diritto quiritario.
    L'ultima fase del diritto romano arcaico si chiude proprio con quest'ulteriore evoluzione giuridica; al diritto quiritario si unisce l'interpretatio pontificum che, insieme, avrebbero costituito un diritto più complesso: il ius civile romanorum, appannaggio non soltanto dei patricii, gli antichi Quiriti, ma prerogativa anche della nuova classe sociale in continua ascesa, quella dei plebei.
     
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