Il “putsch” di Monaco, il mito nazista

e il processo a Hitler

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    LE PREMESSE DEL TENTATO COLPO DI STATO
    Siamo nel 1923. La carriera politica del giovane Adolf Hitler è agli inizi. Grazie alla sua eccellente oratoria, però, il futuro Führer è già divenuto il leader incontrastato del Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (NSDAP).
    Lo NSDAP era però ancora poco più che una setta all’ inizio del ‘23, attivo solo in Baviera e con un seguito minuscolo, anche se in ascesa.
    Il partito, però, aveva un grande punto di forza: la devozione dei suoi membri, uomini profondamente nazionalisti, animati potentemente dai loro ideali para-socialisti e pronti ad usare la violenza per prendere in breve il potere in Baviera e poi in tutta la Germania, con l' obiettivo di far rinascere il loro paese, stremato dalle conseguenze della Prima guerra mondiale.
    Nel corso del 1923 lo NSDAP raccolse massicce nuove adesioni, soprattutto negli ambienti dei reduci e tra gli ufficiali, pieni di risentimento per l' ingloriosa fine delle guerra e fieri oppositori della Repubblica di Weimar, che aveva firmato l' umiliante Trattato di Versailles. Tra questi ultimi spiccava il generale Erich Ludendorff, il geniale stratega tedesco che nel corso della Prima guerra mondiale aveva fatto tanto penare gli eserciti della Triplice Intesa. In quell' anno iniziarono a confluire anche i primi finanziamenti al partito nazista dal mondo imprenditoriale.
    Hitler e i suoi fedelissimi, tra cui figuravano Goering, all' epoca capo delle Squadre d' Assalto (SA), Hess e la guardia del corpo di Hitler, il grezzo Ulrich Graf, erano decisi a prendere il potere attraverso la violenza, senza perdere tempo nell' 'istituzionalizzare' il loro movimento, cosa che Hitler fece dopo il fallimento del "putsch".
    I nazisti organizzarono il loro colpo di stato per prendere il governo della Baviera e al contempo, perché fosse il primo passo verso la conquista del potere nell' intero Reich. Sapevano che la Repubblica di Weimar era debole e che l' impresa poteva riuscire, così come aveva avuto successo, appena un anno prima la "marcia su Roma" dei fascisti (si noti come Mussolini sia da subito fonte d' ispirazione per Hitler).

    IL LEGGENDARIO "PUTSCH" DELLA BIRRERIA
    La sera dell' 8 novembre 1923, dopo diversi rinvii, Hitler e i suoi passarono all' azione assaltando in forze la grande birreria ‘Bürgerbräukeller’ nel cuore di Monaco, dove si trovavano in quel momento i tre personaggi politici più importanti di tutta la Baviera: Kahr, commissario di Stato e paradittatore della regione, von Lossow, comandante della Reichswehr (l’ esercito) in Baviera e von Seisser, capo della polizia locale. Kahr stava parlando a tremila civili bavaresi delle sue cause indipendentiste quando circa seicento SA hitleriane circondarono l' edificio piazzando una mitragliatrice all' ingresso.
    Hitler prese l' iniziativa in prima persona; con una rivoltella sparò un colpo in aria e minacciò i membri del 'triumvirato bavarese' di morte, intimandoli di cedere il loro potere e unirsi a lui e a Ludendorff, inizialmente del tutto all' oscuro del complotto, offrendo loro posti di prestigio nel futuro governo nazista della Baviera. Mentendo spudoratamente disse anche che la rivoluzione della svastica era in atto in tutto il paese ed era inarrestabile. Kahr, che pure era un uomo dal cervello fino, si oppose coraggiosamente a Hitler, forse comprendendo il bluff di quest' ultimo, ma comunque in modo ammirevolmente sprezzante della realissima pistola del futuro Führer. Anche Lossow e Seisser, per nulla impressionati, respinsero le offerte di Hitler.
    L' approssimativo piano dei nazisti iniziò ad annacquarsi davanti a questo semplice rifiuto; Hitler e i suoi avevano disperatamente bisogno delle truppe fedeli al 'triumvirato bavarese' per i loro ambiziosi piani di conquista nazionale.
    Hitler allora ricorse ad uno dei suoi leggendari inganni, annunciando vittoriosamente (e falsamente) alla folla che Kahr, Lossow e Seisser si erano uniti a lui, che il governo dei traditori del novembre 1918 era stato destituito e che i rivoluzionari lo avrebbero subito rimpiazzato con uno che avrebbe ridato l’ onore alla Germania, o il giorno seguente non sarebbero più stati vivi. A quel punto i nazisti estrassero dal cilindro il loro asso nella manica: Ludendorff. Il generale, pur infastidito da quanto era accaduto a sua insaputa e arrabbiato perché nei progetti del futuro governo nazista il dittatore sarebbe stato Hitler e lui solo il capo dell' esercito, accettò di collaborare alla “causa nazionale” per eliminare il grande male: la Repubblica di Weimar. L' arrivo dell' eroe della Prima guerra mondiale migliorò momentaneamente la situazione reale di Hitler, che ottenne più applausi dalla folla e strappò un pur tiepido appoggio dai tre grandi di Baviera i quali, in fondo, condividevano con i nazisti la battaglia contro il comune nemico repubblicano.
    Hitler, ingenuamente felice e convinto del successo definitivo, commise allora un grave errore: si allontanò dalla birreria per informarsi sui progressi militari delle SA che, nelle sue intenzioni, avrebbero dovuto marciare su Monaco guidate da Röhm e che, invece, si erano mosse insufficientemente ed erano accerchiate dalla polizia presso il Ministero della guerra, salve solo perché composte in gran parte da ex commilitoni degli uomini delle forze dell’ ordine. Le SA non erano neppure riuscite a bloccare le comunicazioni telegrafiche dalla Baviera a Berlino, così le alte sfere della Repubblica, informate del putsch, provvidero a dare ordini di soffocarlo.
    Quando Hitler tornò alla birreria Kahr, Lossow e Seisser se l' erano squagliata con delle semplici scuse e, riacquistata la ragione, avevano rinnegato l' accordo con i nazisti; Ludendorff e gli altri, inoltre, erano rimasti immobili su qualunque tipo di piano di battaglia.
    Hitler allora, dopo qualche ora di tensione e alcuni stratagemmi andati a vuoto, e seppure poco convinto, decise di sferrare un attacco, proposto da Ludendorff, al centro di Monaco alla testa di circa tremila uomini per liberare Röhm. Nella mattina del 9 novembre, anniversario della Repubblica di Weimar, i fedelissimi di Hitler marciarono verso il centro di Monaco. Con Ludendorff alla testa della colonna i nazisti speravano che l' esercito bavarese non solo non avrebbe sparato un colpo, ma si sarebbe persino unito a loro, anche senza l’ appoggio del triumvirato. Questo non avvenne, per la rabbia del vecchio generale, ma almeno i nazisti giunsero indenni fino al Ministero della guerra, superando diversi posti di blocco della Reichswehr.
    Il fallace piano dei cospiranti, però, fallì del tutto quando avvenne una cosa che essi, nell’ arrogante sopravvalutazione delle loro risorse e dei loro appoggi, non avevano messo in conto: la polizia si mosse conformemente alle direttive provenienti dalla capitale, al fine di strozzare il tentato colpo di stato. A Monaco mancò ai presuntuosi nazisti esattamente quello che il ben più esperto Mussolini si curò di assicurarsi maggiormente: il sostegno del potere costituito. Neanche il nome magico di Ludendorff riuscì a risolvere l’ empasse e si passò allo scontro a fuoco.
    Fu probabilmente il disgustoso giornalista antisemita Streicher ad aprire il fuoco(e così facendo si assicurò l’ eterna stima di Hitler), ma la polizia si fece valere. I nazisti, travolti, si distesero disordinatamente al suolo, con l' eccezione del fiero Ludendorff, che rimase orgogliosamente in piedi e fu catturato. Il Führer, lievemente ferito nella sparatoria che uccise sedici dei suoi, tra i quali Graf, fuggì da codardo abbandonando i suoi uomini morenti.
    Goering riuscì a scappare, ma riportò una tremenda ferita all' inguine che lo rese forse impotente* e lo trasformò da uomo affascinante ad obeso tossicodipendente, per l' inguaribile dolore che gli provocò.
    Röhm si arrese al Ministero della guerra e fu catturato.
    Lo NSDAP si sciolse; i superstiti fuggirono in maniera disorganizzata; tra essi si distinse il fedelissimo Hess, riuscito in un primo tempo a riparare in Austria ma consegnatosi per stare vicino al suo Führer, che due giorni dopo il putsch cadde prigioniero.

    IL PROCESSO AI NAZISTI E LA TRADIZIONE NAZISTA DELLA BURGERBRAUKELLER
    Ludendorff, Hitler e gli altri nazisti catturati finirono alla sbarra per il loro tentato colpo di stato con l' accusa di alto tradimento. Il nazionalsocialismo sembrava finito, così come il suo capo, destinato per molti ad essere una semplice meteora della politica tedesca.
    Ludendorff riuscì a cavarsela: assolto perché il suo nome era idolatrato dal popolo, che si sarebbe ribellato nel caso di una sua condanna. Il putsch, però, lo bruciò politicamente, tanto che nel 1925 gli fu preferito il collega Hindenburg come nome forte per la presidenza della Repubblica tedesca. Quando poi i nazisti presero definitivamente il potere Ludendorff, pur incensato dalla pomposa propaganda ufficiale, non ebbe mai alcun peso politico o militare. Dimenticato dagli uomini con cui aveva tentato il colpo di stato, morì nel 1937 da statua di se stesso.
    Hitler, invece, fu condannato dalla Corte a cinque anni di carcere ma ottenne in aula due clamorosi successi. Innanzitutto ebbe una sentenza nei fatti leggerissima, riuscendo a scaricare parte della responsabilità su Kahr, Lossow e Seisser, pur ammettendo orgogliosamente le sue intenzioni rivoluzionarie. Ma soprattutto riuscì a trasformare il processo, colmo di giornalisti per la presenza di Ludendorff, in una formidabile cassa di risonanza per la sua figura e per il suo movimento, divenendo un politico di statura veramente nazionale e, agli occhi di molti, un eroe della patria.
    Il futuro Führer passò nella prigione di Landsberg solo nove mesi, trattato, tra l’ altro, più come un ospite d’ onore che come un prigioniero. Inoltre, fu proprio in quei pochi mesi che dettò al suo compagno di cella e fedele luogotenente Hess la prima parte del suo "Mein Kampf" che sarebbe diventato la 'Bibbia' del Terzo Reich.
    Quando infine uscì di cella, Hitler ricostituì lo NSDAP, che pure era stato dichiarato fuorilegge dalla Repubblica di Weimar; il partito rinacque molto più forte di prima e il suo leader incontrastato, rafforzato dalla sua straordinaria abilità, uscì dalla cella finalmente consapevole che un colpo di stato dilettantesco come quello del 1923 non sarebbe mai bastato per la sua rivoluzione; si trattava di costruire uno Stato nazista per sostituire quello esistente, di assicurarsi davvero l’ appoggio delle forze armate e di avere un massiccio seguito popolare. Nel 1933 Hilter riuscì in pieno a centrare questi obiettivi proprio grazie alla maturazione che visse in carcere.

    I nazisti non dimenticarono mai l' anniversario del leggendario putsch di Monaco e ne celebrarono sfarzosamente la ricorrenza anno dopo anno, anche dopo la loro presa del potere e addirittura dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Per omaggiare i loro sedici morti, incensati dalla propaganda come eroi indomiti sotto la guida dell’ intrepido Führer, e per ricordare quella disfatta che, grazie all' abilità oratoria di Hitler, si trasformò incredibilmente in un provvidenziale trionfo. Perfino nel novembre del 1942, con le incalzanti notizie drammatiche provenienti dal fronte orientale, Hitler abbandonò per qualche ora il suo quartier generale per onorare la mitica ricorrenza con il suo annuale discorso agli storici camerati della vecchia guardia.
    Dal putsch di Monaco nacque anche il mito della Blutfahne, la leggendaria bandiera con la svastica che il 9 novembre 1923 fu macchiata del sangue dei "martiri" nazisti; recuperata da un seguace di Hitler, in tutti gli anni del regime nazista fu usata dal Führer e dai suoi seguaci per 'santificare' gli stendardi con la croce uncinata. La Blutfahne divenne il simbolo più sacro ed evocativo del regime hitleriano; sulla sua fine non è possibile avere certezze, ma si ipotizza sia in mano ad un collezionista tedesco.

    *sua figlia Edda, eccezionalmente somigliante al padre, nacque forse grazie alla fecondazione artificiale, circostanza riportata dal giornale nazista Der Stürmer ma smentita da Göring.

    FONTI:
    -William L. Shirer; nella sua "Storia del Terzo Reich" dell’ edizione della Fabbri Editori l' argomento è trattato in maniera veramente completa e spero di averlo fatto trasparire.
    -http://www.centrostudilaruna.it.

    Edited by Oskar - 8/3/2013, 21:02
     
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  2. bradipo1
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    Complimenti Oskar, a mio giudizio il tuo post migliore sinora, conoscevo l vicenda ma non bene.
     
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    Grazie mille; un post davvero lungo da completare ma sono contento che abbia suscitato una buona impressione, almeno su di te ;).
     
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  4. jonny_k
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    L'ho letto anche io Oskar! Molto ben fatto. :D
     
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3 replies since 14/5/2008, 09:59   4980 views
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