Gilles De Rais,la vera storia di Barbablu

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  1. Paul the Templar
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    C’è un nome che viene spesso accostato a quello di Elizabeth Bathory, la contessa divenuta storicamente e anche tristemente famosa con il soprannome di Contessa Dracula; è quello di Gilles De Rais, eroe e gran Maresciallo di Francia, in secolo, il XV, caratterizzato come nessun altro dagli eccessi i tutti i campi. Un secolo vivo, controverso, in cui si agitano personaggi che scriveranno sotto varie forme la storia dell’uomo, un secolo che potremmo definire come quello dei santi, dei navigatori, dei poeti, degli artisti in tutto lo scibile umano. Ma anche il secolo di personaggi come De Rais, uomini con un coraggio leonino, ma crudeli e amorali, privi di quella umanità che divide in maniera netta l’uomo dalle belve.

    De rais ha una storia personale assolutamente straordinaria e caratterizzata dagli eccessi; era coraggioso al limite della temerarietà, intelligente e versatile, ma anche crudele, come testimonia la sua storia percorsa da una striscia di sangue e di delitti abominevoli, che lo hanno reso famoso quanto un moderno serial killer, definizione nata nel secolo scorso per indicare gli autori di efferati delitti senza motivazione apparente.
    Gilles nacque nel 1404, a Machecoul, piccolo centro che oggi fa parte del dipartimento della Lora Atlantica, nella regione della Loira; era figlio della buona nobiltà francese, quella di provincia, la più ricca e influente.

    Era figlio di due nobili, Guy de Laval-Montmorency e Marie de Machecoul-Craon,sposati in base ad una delle tante e complicate storie di alleanze strette tra nobili per mantenere o accrescere le ricchezze di famiglia, per estendere i domini e aumentare il prestigio all’interno della classe nobile.
    Era un bambino intelligente, di quella intelligenza nutrita a forza con la lettura, lo studio e l’abitudine tipica della classe nobiliare consistente nell’abituare sin da piccoli i giovani rampolli all’arte militare e alla disciplina, e che si materializzava in duri ed estenuanti esercizi a cavallo, comprendenti l’uso delle armi e delle tecniche per uccidere l’avversario sul campo di battaglia.
    Gilles crebbe quindi con il culto delle rami, della violenza come espressione massima del dominio e dell’affermazione della personalità; e il quotidiano insegnamento dei classici latini,con spiccata predilezione per i libri di Giulio Cesare, che raccontavano la vita dell’imperatore romano, delle sue gesta in Gallia o sui tanti campi di battaglia che l’imperatore stesso calcò, creò certamente nel ragazzo quella forma mentis che in seguito diverranno fatali pèr la sua esistenza e per molti di coloro che per sventura finirono per attraversargli la strada.
    Nel 1415 la vita del piccolo Gilles cambiò all’improvviso e in maniera radicale, in seguito alla morte avvenuta in rapida successione della madre Marie conseguente ad una malattia fulminante, seguita poco tempo dopo da quella del padre, Guy, avvenuta per un fortuito incidente di caccia al cinghiale.

    Privo di punti di riferimento in famiglia, il giovane Gilles venne affidato alla custodia di Jean de Craon, padre della sfortunata Marie De Machecoul; il nonno aveva fama di uomo crudele ed inflessibile, e sicuramente la vita del giovane, al fianco di un uomo tanto duro quanto spietato finì per scolpire un carattere e una personalità che sfoceranno nel futuro nella drammatica sequenza di crudeltà che Gilles praticò soprattutto nei riguardi di giovani e bambini. Se la storia di Gilles fosse avvenuta in un arco temporale diverso, oggi i moderni studiosi della scienza criminale probabilmente troverebbero nelle vicende infantili di Gilles e nel suo rapporto con il nonno,successivo alla morte dei genitori, il nucleo fondante della sua personalità distorta e criminale.

    Personalità che ebbe modo di mettere in mostra, anche se nel eccezione più negativa del termine, all’indomani della contesa che vide contrapposti i Penthiévre, nobili legati ai Valois e i Monfort di Bretagna. Contesa nella quale il nonno Jean, schierato dalla parte dei Monfort, i vincenti, utilizzò il giovane nipote per dargli modo di affinare le sue capacità, pur altro notevoli, sul campo di battaglia.
    Al ragazzo fu possibile assistere all’agonia dei condannati a morte, e dalle quali trasse poi quel sottile e per noi inspiegabile piacere che furono la molla scatenante della sua patologia criminale.

    Il nonno, sempre più influente e potente, decise che era il momento di trovare moglie al nipote e cercò tra la nobiltà più influente la dama da far impalmare al giovane; le caratteristiche della dama dovevano essere ovviamente ben precise.

    La donna doveva essere nobile,possibilmente molto ricca e accrescere, in qualche modo, il prestigio della famiglia.
    Per uno di quei casi strani e insondabili della storia, non fu la ricca Jeanne de Peynol, ricca e bella ereditiera o Beatrice de Rohan, nipote dell’influente duca di Bretagna a diventare la consorte di Gilles.
    Fu scelta invece Catherine de Thouars, ricchissima figlia di uno zio di Gilles; la donna era proprietaria di castelli e terre, e nonostante la ferma opposizione del vescovo di Angers, grazie anche alla corruzione e ai torbidi intrallazzi del nonno, Gilles impalmò quelle che era sua cugina, diventando di fatto proprietario di ricchezze sterminate.

    Va detto che ovviamente essendo un matrimonio basato solo ed esclusivamente sull’interesse, non ci fu mai una vera unione fra i coniugi, nonostante la nascita, avvenuta anni più avanti, di una figlia, Marie, della quale ignoriamo tutto, così come ignoriamo dettagli sulla sorte o la figura storica di Catherine.

    Nel 1424 Gilles entrò in possesso dell’eredità paterna e materna; era una fortuna considerevole che, unita ai beni della moglie, dava modo al diciannovenne giovane di disporre a suo piacimento di molto denaro. La cosa si tramutò ben presto in una forma ossessiva, che oggi definiremmo compulsava, di sperpero di denaro in attività tra le più disparate. Iniziò a vivere come una sibarita, circondandosi di oggetti costosi o vivendo nel lusso più sfrenato. Un anno dopo arriva la possibilità di entrare alla corte del Delfino di Francia, in un momento politico molto particolare. La sua nazione soffriva sotto il giogo inglese, e la corte ribolliva di tensioni legate alla situazione politica. Il temperamento focoso e battagliero di Gilles, tuttavia,mal si sposava con le mollezze della corte francese, fatta di piaggerie e di morbidi vizi, di pettegolezzi e piaggeria; Gilles non si adattò affatto all’andazzo corrente, e ben presto si fece un mucchio di nemici tra i cortigiani del Delfino.
    La vita della corte e di Gilles cambiarono radicalmente con l’arrivo della giovane Giovanna d’Arco; il fervore mistico della giovane portò, come la storia insegna, al primo serio tentativo francese di liberare la nazione dagli inglesi. E fu durante la battaglia di Orleans che De Rais conobbe la pulzella d’Orleans, che divenne ben presto una figura molto importante per il giovane. La donna lo attraeva, perché combatteva come un uomo, riusciva ad avere carisma e influenza sulle truppe, in battaglia era sempre alla testa dell’esercito, vestiva come un uomo e non si adagiava nel lusso o nelle mollezze tipiche della corte.

    La guerra al fianco della pulzella forgiò definitivamente il carattere di Gilles, che sotto la guida di Giovanna mise in mostra non comuni doti di coraggio e di valore, tanto che nel 1429 approfittando della tregua tra francesi e inglesi, il futuro re di Francia lo nominò Maresciallo; De rais aveva appena 25 anni, ed era il più giovane ad aver mai ricoperto quell’incarico.

    Fu il punto massimo della sua potenza, che venne agevolata, due anni dopo, dalla scomparsa del vecchio e terribile Jean De Craon; la morte di quest’ultimo lo lasciava erede di una fortuna colossale che, unita alla già consistente fortuna personale, lo rendeva l’uomo più ricco di Francia, uno dei più ricchi dell’epoca sull’intero continente europeo.

    Da questo momento la vita di Gilles cambiò radicalmente, creando ed alimentando la sua fama sinistra, quasi che l’immensa ricchezza e l’immenso potere raggiunti avessero scatenato in lui qualcosa di sconosciuto o quantomeno sepolto negli abissi della coscienza. E’ la fase che ha creato la leggenda di Barbalu, come qualcuno lo identificò in seguito, la leggenda di u uomo sinistro e crudele, legata purtroppo ad una realtà che la storia ci ha ben documentato.

    Iniziò a vivere nel lusso più sfrenato, acquistando oggetti e mangiando in piatti d’oro,dilapidando somme enormi al gioco o per mantenere un piccolo esercito personale, simbolo di potenza e di arrivo ad una condizione seconda solo al re di Francia.
    Lasciato l’esercito e la vita attiva militare, si ritirò nei suoi domini, e in un giorno imprecisato fece una scelta di vita terribile, che lo dannò in eterno; rapì ed uccise un bambino, torturandolo a morte.

    Il suo nome era Jean Joudon, ed era figlio di un conciatore di pelli di Machecoul, che venne attirato nel castello di Gilles con qualche promessa. Del ragazzo non venne trovata più traccia, e da quel momento sul piccolo paese aleggiò una cappa di orrore senza fine.
    Gilles aveva al suo fianco un uomo, Francesco Prelati, un ex prete che praticava scienze occulte e riti satanici; fu quest’ultimo, quasi sicuramente, a liberare la parte dannata dell’anima del Signore di Machecoul, gran Maresciallo di Francia.

    A poco a poco iniziarono a sparire dal paese e dai dintorni ragazzini di ogni età; la sera, nel castello, orribili riti portavano innocenti vittime nelle segrete del maniero, dove alla presenza del prelati, le stesse venivano violentate, atrocemente torturate e infine uccise in modi efferati ed immolate al signore degli inferi

    E’ impossibile anche solo descrivere il campionario di orrori che si svolgevano nel castello, senza dover usare immagini cruente, che illustrino l’abiezione e la crudeltà raggiunta dai due uomini ai danni di creature totalmente indifese.
    L’accaduto è raccontato in forma forse leggendaria da E.Levi ,in un suo libro della seconda metà del 1800; una versione che però potrebbe non essere lontana dal vero, quantomeno nella scoperta del campionario di atrocità commesse da Gilles.

    Narra Levi che un giorno Gilles si congedò dalla moglie con il pretesto di recarsi in Terrasanta,e che essendo la donna nell’ultimo mese di gravidanza, le abbia concesso di fa venire al castello la sorella Anne per tenergli compagnia.
    Catherine, all’arrivo della sorella, le confidò dubbi e perplessità che nutriva sul conto di quel suo strano marito; consigliata dalla sorella, decisero poi, di comune accordo, di andare a visitare la torre del castello, dove Catherine vedeva andare, tutte le sere, suo marito.

    Così le due sorelle raggiunsero la cappella che era situata nella torre, e sotto l’altare scoprirono l’esistenza di una scala, che conduceva ad una camera segreta.
    Possiamo immaginare, posto che la storia sia vera, le sensazioni che provarono le due donne davanti alla sequenza di orrori degni dell’inferno dantesco che scoprirono.
    Le donne vennero accolte, all’ingresso da un tanfo pestilenziale, dall’odore acre della carne umana in putrefazione e da miasmi di ogni genere; nella segreta c’erano bacili e contenitori di vari materiali, che contenevano sangue fresco o ormai coagulato; c’era sangue dappertutto e steso su un tavolo c’era il corpo di un ragazzino nudo, steso nella rigidità della morte, con la gola tagliata e con al fianco un bacile pieno del suo sangue.

    Piene d’orrore le due donne fuggirono da quella prigione infernale, proprio mentre il signore e maresciallo di Francia faceva un imprevisto ritorno al castello; lo sguardo d’orrore delle due donne rivelò a Gilles l’accaduto, e per la moglie e la cognata sarebbe finito tutto tragicamente se Catherine non avesse urlato e attirato su di se l’attenzione delle guardie.

    In realtà, secondo le fonti storiche, la scomparsa di un numero sempre crescente di ragazzini e bambini iniziò ad allarmare la popolazione di Machecoul, le cui proteste nei confronti del vescovo di Nantes alla fine sortirono l’effetto sperato; informato il re della situazione, venne nominata una commissione d’inchiesta per chiarire gli oscuri avvenimenti legati al blasonato e potente Maresciallo di Francia.

    Avvertito del pericolo incombente, Gilles tentò in tutti i modi di far sparire le tracce dei suoi misfatti, seppellendo in più punti i cadaveri degli scomparsi, bruciando,notte e giorno, corpi di povere vittime nei camini, smembrando e facendo a pezzi, in lavoro di bassa macelleria, i corpi del reato. Che però erano troppi, con il risultato che gli inquirenti, in un crescendo rossiniano, trovarono a poco alla volta le tracce dell’accaduto; all’interno dei camini rinvennero i corpi di almeno 50 bambini e ragazzi differenti, mentre qualche altro corpo veniva riesumato al di fuori del castello, in alcune buche che si notava essere state scavate di fresco. Cos’ l’orrore di cui si era reso protagonista Gilles De Rais divenne di dominio pubblico, e l’uomo, arrestato su ordine del vescovo Malestroit: era la metà di settembre del 1440, De Rais aveva 36 anni, e l’intera Francia ascoltò, con orrore, il risultato delle indagini svolte dalla polizia.
    Davanti agli inquisitori De Rais ebbe un comportamento assolutamente singolare e contraddittorio: all’inizio, con alterigia, rifiutò gli addebiti, accusando i giudici di volergli sottrarre le ricchezze che ancora possedeva, ma l’evidenza delle prove addotte e soprattutto la minaccia di essere sottoposto a tortura convinsero il nobile a confessare.

    Emerse così il campionario di atrocità compiute dall’uomo; i 48 capi di accusa vennero in pratica confermati dallo stesso De Rais, che ammise di aver ucciso 150 tra bambini e adolescenti, di averli stuprati, sottoposti a violenze di ogni genere, di averli sgozzati o sacrificati al principe delle tenebre, di aver praticato l’occultismo, la magia nera, il satanismo, di essere un sodomita, uno stupratore, un bestemmiatore. Ammise di aver fatto sacrifici umani, in combutta con i suoi complici fra i quali c’era la sua anima dannata, Prelati.
    Inorriditi, i giudici raccolsero la confessione del mostro, che, paradossalmente, si rivolse con fare teatrale ai parenti delle vittime, esortandoli a crescere i figli con i dettami della religione, e non come era stato educato lui.

    Una macabra farsa, che tuttavia ebbe un risultato concreto nel momento in cui Gilles ascoltò la sua condanna a morte, quel rogo che avrebbe posto fine alla sua sciagurata esistenza in compagnia dei due servi che lo avevano fedelmente seguito nella discesa della scala umana fino all’ultimo gradino.
    De Rais confessò di essersi pentito dei suoi crimini, e di provare enorme rimorso per l’accaduto.
    Motivo per il quale venne si bruciato vivo, ma con tanto di conforti religiosi, di assoluzione per i peccati commessi e con lo sfregio della sepoltura nella chiesa di Nostra Signora di Nantes.

    Il 26 ottobre del 1440, Gilles De Rais, gran Maresciallo di Francia finiva la sua esistenza terrena, senza che ci fosse la piena consapevolezza di quale era stata la reale portata della strage commessa ai danni di minori nel in quello che fu il teatro delle sue nefandezze.

    Quante furono le vittime di De Rais?
    L’ipotesi più probabile è quella stimata tra le duecento e le trecento persone. Molti calcoli fantasiosi, succedutisi nel corso dei secoli, hanno favoleggiato di 500, 600 o addirittura 800 vittime; in realtà un conto preciso è assolutamente impossibile, non essendoci un rapporto ufficiale con dei nomi, con il numero degli scomparsi in età minorile in quegli anni. La cifra di vittime confessata da De Rais non è probabilmente credibile, ma non può essere tripla o quadrupla rispetto al reale.
    Va anche detto che stiamo parlando del XV secolo, di un ‘epoca non seconda a nessuna per numero di atrocità commesse.
    Dal giorno della sua morte nacque la leggenda nera di Gilles De Rais; i genitori che volevano spaventare i figli minacciavano di evocare la sua ombra e la sua figura con il passare del tempo perse i connotati della realtà per diventare anche una favola.

    Una favola crudele, quella di Barbablù, il temibile signore che adescava giovani donne e le assassinava crudelmente; in particolare fu Perrault a disegnare e a consegnare ai posteri l’immagine del crudele nobile che alla fine, per mano della giovane Primula e dei suoi parenti, paga il fio dei suoi misfatti.
    Una figura che vede mitigarsi gli aspetti più inquietanti della storia; scompaiono i bambini stuprati e violati, gli orrori delle torture e degli omicidi per lasciare il posto ad un uomo crudele si, ma eterosessuale, che usa la violenza sulle donne.
    Durante la rivoluzione francese la furia iconoclasta dei rivoluzionari colpì soprattutto chiese e cimiteri; il destino volle che un gruppo di facinorosi entrasse nella chiesa di Notre dame di Nantes, e che lo stesso gruppo, dopo aver distrutto la targa che ricordava la sepoltura di Gilles De Rais, estraesse le ossa dell’assassino e le gettasse per strada.
    Così di uno dei più grandi assassini, la dove il termine grande è da considerarsi nell’eccezione più negativa del termine, non restava nulla, nemmeno i resti mortali.

    Restava il ricordo di gesta efferate, al confronto delle quali un moderno serial killer appare soltanto come un modesto comprimario.

    By Paul The Templar
    www.misteriemisteri.splinder.com

    Fonti consultate:
    Barbablù. L'incredibile storia di Gilles de Rais, di Ernesto Ferrero
    Il processo di Gilles De Rais, di George Bataille
     
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