Gli Acquedotti e l'uso dell'Acqua a Roma

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  1. Cornelio Scipione.
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    La frase di Giovenale:"finchè c'è Pane et Circenses c'è il benessere", non è del tutto vera, perchè non prende in considerazione un elemento indispensabile per la sopravvivenza di una città, l'acqua.
    Come tutti sappiamo l'acqua a Roma giungeva tramite gli acquedotti che in età imperiale arrivarono ad un numeros massimo di 11.
    In età repubblicana la manutenzione del sistema idrico Romano era affidato ad un Magistrato; ma in età Imperiale, con Augusto tutto cambia; infatti viene creata un'istituzione apposita: la Cura Aquorum., che doveva garantire il funzionamento regolare degli acquedotti Romani.
    Il primo acquedotto risale al 312 a.C ed è l'Aqua Appia, la cui costruzione fu voluta da Appio Claudio Cieco.; era un acquedotto lungo 19 km che passava prevalentemente sottoterra.
    Da pensare è il periodo in cui è stato costruito questo acquedoto ,ovvero nel pieno della seconda guerra sannitica, ed è strabiliante il fatto che Roma già a quel tempo ndisponesse di conoscenze e di tali ricchezze da permettersi un opera del genere, e nonsolo...i Romanierano evidentemente strasicuri di loro stessi e della loro vittoria contro i Sanniti e della loro futura affermazione in Italia centrale e su tutta la penisola.
    Molto probabilmente la via Appia e l'acquedotto vennero costruiti contemporaneamente visto che vennero inaugurati lo stesso anno entrambi le opere.
    L'acquedotto più lungo è l'Aqua Marcia, che aveva una lunghezza di 91 km ed una portata d'acqua anhe questa maggiore rispetto agli altri 10 acquedotti.
    A fornirci molte delle informazioni che disponiamo è Frontino, che era un Curator Aquam, ovvero il capo della Cura Aquorum nel periodo dell'anno 100 d.C.
    la complessità degli acqueotti Romani stava anche nelle arcate e nella pendenza che era pari a 5m ogni km.
    La distribuzione dell'acqua non era omogenea, infatti abbiamo un 17% del totale dell'acqua complessiva che entrva a Roma che era destinata all'Imperatore(la usava anche per alimentare le terme); poi c'era un 44% che ea di uso pubblico e finiva nelle fontane in cui i cittadini Romani potevano attingere l'acqua necessaria per vivere, e c'era infine un 39% del totale di oro blu che finiva nelle domus aristocratiche di pochissimi privilegiati(non erano più di 5000 persone: senatori e grandi personaggi aristocratici).
    Per avere l'acqua in casa bisognava fare una richiesta diretta all'Imperatore.
    i Romani erano degli spreconi per l'acqua perchè la maggior parte finiva nel tevere perchè doveva sempre scorrere l'acuqa; Roma non voleva l'acqua stagnante perchè sapeva a quali pericoli andava in contro come per esempio alla malaria.
    L'acqua così scorreva inincessantemente notte e giorno, anche se in alcuni casi venivano utilizati dei rubinetti nel senso in cui lo intendiamo noi.
    C'era anche una crmininalità dell'acqua, la si vendeva in nero per farla arrivare privatamente nelle case allacciandosi alla rete idrica degli acquedotti.
    Le Terme assorbivano molta dell'acqua che giungeva a Roma e si è calcolato che nelle terme di caracalla, ogni giorno vedeva ospite ben 10mila persone.
    Tornando agli acquedotti, le grandi arcate servivano a sostenere alla pendenza giusta grandi tubature di piombo; i Romani erano molto bravi a costruire tubature di piombo.
    Ogni abitante di Roma aveva a dosposizione dai 500 ai 1000 litri di acqua al giorno; una cifra che solo dopo il 1970 Roma riuscì ad eguagliare questa abbondanza d'acqua per abitante.

     
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