ROMMEL

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  1. _SmokY_
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    Erwin Rommel





    Capitolo I, Infanzia fino alla partenza per la 1° Guerra Mondiale


    Capitolo II, Rommel e la Prima Guerra Mondiale


    Capitolo III, tra la I Guerra Mondiale all'avvento del Nazismo



    Edited by Oskar - 2/9/2014, 19:07
     
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    Capitolo 1, Infanzia fino alla partenza per la 1° Guerra Mondiale



    Erwin Johannes Eugen Rommel nasce il 15 novembre 1891 a Heidenheim, cittadina dello stato federato tedesco del Baden-Württemberg. Figlio del di lui padre anch’esso Erwin Rommel, insegnante di matematica a sua volta figlio d’arte e di Helena Von Luz, figlia maggiore del presidente del governo del Württemberg. Ai tempi in quella Germania la cultura era al quanto apprezzata, in modo sicuramente maggiore dell’appartenenza o fedeltà ad un qualsivoglia partito politico, tanto che Erwin Rommel “Senior” già forte della fama che il padre si era creato ma soprattutto grazie alle sue capacità poté constatare nella sua città un profondo rispetto verso la sua persona. Da quell’unione nacquero 5 figli. Manfred che morì giovanissimo, Helena che intraprese il mestiere paterno, Erwin la futura “volpe del deserto” e 2 fratelli minori, Karl, paralizzato dalla malaria durante la prima guerra mondiale in Mesopotamia e Turchia e Gerhrdt, cantante d’opera senza rilevante successo.
    Il padre nel 1898 divenne Preside del Real-Gymnasium di Aalen, istituto dove si insegnavano materie “moderne” piuttosto che l’indirizzo classico. Nel 1913 però egli morì dopo un intervento chirurgico, mentre Helena, la madre visse fino al 1940 quando il suo terzo figlio era già un Generale.
    Il piccolo Rommel oggi lo conosciamo come un combattente dalla fama ormai storica e pressoché indiscussa, diremmo duro e coriaceo ma in realtà era tutto li contrario.
    La sorella, Helena, lo descrive come “un bambino molto gentile e docile” “ assomigliava alla mamma”. Piccolo di statura per la sua età, aveva la pelle così bianca e i capelli talmente chiari che lo soprannominavano “l’orso bianco”. Erwin parlava lentamente e solo dopo avere riflettuto a lungo. Era un ragazzo al quanto simpatico, con un carattere invidiabile.
    Quando raggiunse l’età anch’egli frequentò la scuola ove il padre era Preside ma quell’istituto non gli piacque mai più di tanto, si trovò spesso indietro con il programma rispetto agli altri compagni e nonostante i suoi sforzi si rassegnò nell’essere etichettato come un allievo pigro e disattento.
    Finì col diventare lo zimbello dei compagni a tal punto che la sua insegnante disse "quando Rommel farà un dettato senza un errore, affitteremo una banda musicale e andremo a fare una scampagnata". Rommel raccolse la sfida e fece un dettato senza una virgola fuori posto ma poiché la promessa non fu mantenuta, ricadde nella sua solita apatia. Per molto tempo restò per così dire, utilizzando parole povere, nel mondo dei sogni fino a che all’età di 10 anni si ridestò improvvisamente. L’eredità matematica del padre e del nonno cominciarono a farsi sentire, iniziò anche a fare sport e successivamente superò tutti gli esami con esito soddisfacente.
    Crescendo il giovane Rommel somigliava sempre più “all’uomo di Württemberg”, patria del buon senso in Germania.
    Si applicò agli studi sull’aviazione, costruì diversi modellini di aeroplani ed infine anche un vero aliante con il quale assieme al suo amico Keitel tentarono più volte sfortunate imprese per provare l’ebrezza del volo. Ormai giunse il momento in cui si deve pensare alla propria carriera, Keitel divenne ingegnere e trovò lavoro presso le officine Zeppelin e così voleva fare anche Rommel se non fosse che il padre gli negò il consenso. Decise così di intraprendere la carriera militare.
    La famiglia Rommel non era di nobili origini e non aveva agganci in quel settore ma la carriera militare in Germania era il modo considerato migliore per servire il proprio stato.
    Fu così che il 19 giugno del 1910 entrò nel 124° reggimento di fanteria a Weingarten con il grado di “aspirante”, ciò significava che doveva svolgere un periodo da soldato semplice per poi essere ammesso alla Kriegsschule, cioè l’accademia militare. Nel marzo 1911 con il grado di sergente fu assegnato all’accademia di Danzica.
    Il periodo trascorso a Danzica fu per lui importante sotto più aspetti.
    Lì conobbe, infatti, quella che poi divenne la sua futura moglie, Lucia Maria Mollin, che si pronuncerebbe Mollìn in quanto di origini italiane. Dovevano passare almeno 4 anni prima del fidanzamento ufficiale ma non ci fu mai ombra di dubbio tra i due, essi si sono sempre amati e non hanno conosciuto altro amore all’infuori del proprio. All’accademia Rommel dimostrava ancora qualche lacuna sulle materie teoriche, ma preoccupato di fare bene si diplomò con quasi il massimo dei voti fino a che nel 1912 fu promosso sottotenente. Ritornò quindi al suo reggimento presso Weingarten dove fu adibito all’addestramento delle reclute per i successivi 2 anni.
    Rommel rimaneva con una statura sotto la media ma fisicamente era agile e robusto, di carattere sempre simpatico e cordiale. Molto presto i suoi commilitoni si accorsero che non ammetteva giacche sbottonate e scarpe sporche, dicevano di lui che sarebbe diventato un ottimo Maggiore, cioè il massimo grado a cui uno del suo rango poteva aspirare. Non beveva ne fumava, non usciva molto con gli amici anzi si offriva spesso volontario per sostituire qualche compagno che voleva passarsi la serata per le locande della città ma senza mai farsi mettere i piedi in testa.
    Una breve descrizione del giovane Rommel fino a questo momento potrebbe essere: diligente, sveglio, pratico ed energico.
    Tutto sembrava procedere nella norma fino a che il 31 luglio 1914 il suo Colonnello in comando ispezionò il reggimento, pronunciò un vibrante discorso e diede l’ordine di mobilitazione. 2 Giorni dopo il 124° partì per la guerra.



    Tratto da "Rommel - la volpe del deserto"
    Autore Desmond Young, edizioni Longaronesi & C. 1966


    Edited by Oskar - 2/9/2014, 19:08
     
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  3. _SmokY_
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    Capitolo II, Rommel e la Prima Guerra Mondiale



    Quando scoppiò la guerra, il sottotenente Rommel fu inviato presso il fronte francese. Il 22 agosto 1914 era già in azione nel villaggio di Bleid, piccolo centro vicino a Longwy.
    Alle 5 del mattino dopo essere stato di pattuglia per un giorno intero, soffriva dolori allo stomaco ed era assai stanco tanto da far fatica nel reggersi in piedi. Ciò nonostante venne inviato in ricognizione in mezzo ad una nebbia fittissima. Individuato il villaggio avanzò ma dovette fermare il suo plotone quando i francesi aprirono il fuoco. Allora prese un sott’ufficiale e 2 soldati e avanzò ulteriormente. In mezzo alla bruma apparve una casa circondata da alte siepi, da un lato un sentiero che conduceva ad un'altra fattoria. Rommel s’incamminò ma appena voltato l’angolo vide sulla strada una quindicina di nemici in ordine sparso. Cosa fare? Doveva prendere la sua prima decisione importante da ufficiale; tornare indietro e radunare il plotone o tentare un attacco di sorpresa? Le prime decisioni in questi frangenti sono assai difficoltose, ma rendono bene l’idea di chi fosse colui che le intraprendeva. Rommel decise di attaccare con i 3 uomini che aveva a disposizione in quel determinato momento. Attaccò in posizione eretta contando sul fattore sorpresa, i francesi furono presi dal panico e tentarono di trovare rifugio sui caseggiati vicini. Nel frattempo arrivò anche il plotone che era stato allertato dagli spari. Rommel lo divise in 2 parti, una con dei fasci di paglia e l’altra al riparo in copertura. Sfondarono le porte e gettarono i fasci infuocati all’interno delle abitazioni e dei granai; così facendo casa su casa fu rastrellata. Questa fu la sua prima azione, insignificante nell’ambito di una guerra ma molto importante come metro per comprendere l’audacia, lo spirito d’iniziativa e la determinazione di questo personaggio.
    Il 24 settembre fu ferito ad una coscia in un bosco nei pressi di Varennes per aver voluto attaccare 3 francesi da solo all’arma bianca visto che il fucile era scarico. Il suo comandante nonostante il poco tempo passato assieme aveva già piena fiducia in lui tanto da proporlo per la Croce di Ferro di seconda classe e disponeva sempre di lui per le missioni più complicate. Tre mesi più tardi ormai guarito tornò nel suo battaglione. Verso la metà di gennaio del 1915 avanzò per le Argonne. Il 29 gennaio Rommel fu premiato con la Croce di Ferro di Prima Classe:
    Alla testa del suo solo plotone penetrò tramite un reticolato nemico dalla profondità circa di 100 metri, fece incursione nella principale posizione francese, occupò 4 cassematte, respinse il contrattacco di un intero battaglione nemico, riconquistò una cassamatta che aveva perduto e infine rientrò nelle sue linee in attesa di un nuovo attacco. Perdite 6 uomini.
    Anche questa fu un’azione secondaria ma dimostrò come Rommel fosse capace di sfruttare una situazione tattica fino al limite estremo, senza curarsi dei rischi. Questa sue qualità spesso lo trascinarono in situazione difficili ma gli permisero anche di approfittare di tutti i possibili vantaggi, specialmente quando di fronte a lui stava un nemico indeciso.
    Viste le sue qualità venne promosso tenente e fu assegnato ad un battaglione di nuova concezione, il Wurttembergiche Gerbirsgbattalion (W.G.B.). Dopo un intenso addestramento alla guerra di montagna in Austria e dopo un periodo relativamente pacifico presso il settore dei Vosgi, il battaglione fu aggregato al famoso Alpenkorps, l’analogo degli Alpini italiani, e trasferito sul fronte romeno. Durante questo periodo Rommel approfittò di una licenza per sposare l’amata Lucie Maria il 27 novembre 1916 a Danzica.
    Alcune delle imprese da lui compiute successivamente hanno dell’inverosimile se non fosse per le testimonianze raccolte a confermare i fatti.
    Rommel operava in zone di montagna a quota elevata, camminava assieme ai suoi uomini a marce forzate su sentieri ispidi come tetti di una casa e anche a 10 gradi sotto lo zero. Non era uomo comune e i fatti lo dimostreranno.
    Egli non esitava mai ad attaccare, quando giungeva dietro le linee nemiche giudicava giustamente che l’improvvisa apparizione dei suoi uomini avrebbe creato scompiglio tra le fila avversarie, il tutto accompagnato da scariche di mitragliatrice da posizioni retrostanti.
    Nell’agosto del 1917 attaccò la ben munita posizione romena del Monte Cosna, condusse 4 compagnie attraverso i boschi in fila indiana, nel mezzo di due linee nemiche distanti tra loro circa 150 metri. Compì l’operazione senza farsi scoprire e allo stesso tempo stese una linea telefonica. Infine conquistò la vetta nonostante una grave ferita ad un braccio causata da una pallottola vagante.
    Nel gennaio dello stesso anno aveva conquistato il villaggio di Gagesti, dopo essere rimasto fino alle 10 si sera ad un tiro di scoppio degli avamposti nemici con una temperatura molto rigida. Quando giudicò che i romeni fossero andati a dormire nei loro alloggiamenti, ordinò ai mitraglieri e a metà dei fucilieri di aprire il fuoco contro il villaggio e attaccò con il resto dei suoi uomini tra clamori indescrivibili. Quando i romeni dal fracasso si svegliarono e si affacciarono alle finestre, Rommel non dovette fare altro che catturarli. Risultato 400 prigionieri e perdite trascurabili per i tedeschi.

    Se era costretto ad attaccare frontalmente il suo metodo era quello di aprire un intenso fuoco di mitragliatrici su tutto il settore antistante, concentrandolo in maggior modo sul settore in cui doveva svolgersi l’attacco. Poi si procedeva con l’assalto in forze su un fronte ristretto, alcuni attaccanti portavano con se una mitragliatrice e una volta aperta una breccia prendevano posizione e aprivano il fuoco sui fianchi nemici. L’attacco continuava e le truppe avanzavano senza curarsi di ciò che succedeva alle loro spalle. Praticamente Rommel applicò, anticipò la tecnica delle divisioni corazzate tedesche nel 1939, penetrazione in profondità.

    Ormai aveva raggiunto una certa fama tanto da essere conosciuto in tutta la divisione. E’ noto che nell’esercito tedesco di quei tempi l’anzianità aveva un fattore molto importante ma ciò nonostante i suoi superiori non disdegnavano il consiglio del giovane Rommel che ricordiamolo aveva in quei tempi sui 25 anni. Egli non era quelle solite personalità eccentriche che si notano in condizioni di difficoltà, Rommel possedeva semplicemente coraggio, spirito d’iniziativa, ardimento e determinazione eccezionali.

    L’apice delle imprese di Rommel durante la prima guerra mondiale fu la conquista del Monte Matajur, poco distante Caporetto.
    Le truppe austriache messe in difficoltà dagli italiani avevano chiesto rinforzi ai tedeschi che inviarono in loro soccorso la 14° armata composta da 7 divisioni anziane, sebbene avessero anch’essi l’esigenza di utilizzarle nei propri fronti.
    Un reggimento bavarese doveva essere la punta d’attacco mentre il battaglione di Rommel doveva proteggere un fianco per poi accodarsi ad esso. Fu chiaro fin da subito che Rommel non voleva essere assegnato a compiti secondari ed infatti chiese ed ottenne al Maggiore Sposser di attaccare per conto suo le postazioni italiane e così fu. Mentre i bavaresi venivano contenuti, le 2 compagnie di Rommel attraversavano il fronte italiano durante la notte senza essere scoperte. Alle prime luci dell’alba avevano già preso con un assalto alla baionetta una batteria senza incontrare resistenza. Una compagnia fu lasciata in quella postazione per coprire l’altra che invece doveva avanzare nelle retrovie. Però quando gli italiani attaccarono con un intero battaglione Rommel fu costretto a tornare indietro per dar man forte alla compagnia lasciata in presidio, agendo da dietro sorprese ancora una volta gli attaccanti che impauriti si arresero. Rommel inviò un dispaccio al proprio comando e con esso più di 1000 prigionieri.

    Fu in questo frangente che Sposser inviò a Rommel altre 4 compagnie che permisero al futuro Maresciallo di continuare la sua incursione nelle retrovie italiane.
    Giunto in una strada nascosta alla vista, vi incanalò tutte le sue truppe, che in fila indiana, avanzarono per quasi 3km mentre gli italiani si preoccupavano della battaglia principale e dei bombardamenti in corso sul loro fronte. Arrivato in aperta campagna, dietro le linee nemiche, prese la strada pincipale per il Monte Matajur e catturò una colonna di rifornimenti, un automobile del comando, 50 ufficiali e 2000 uomini della 4° brigata bersaglieri. Dopo aver fatto una ricognizione preliminare a bordo dell’automobile catturata decise di puntare direttamente sul monte Matajur, chiave di volta delle posizioni italiane. Per un altro giorno interno avanzò con le sue truppe ormai assai stanche. Quando giunse l’alba si imbatté in un accampamento della brigata Salerno. Con altri 2 ufficiali e un pugno di fucilieri piombò in mezzo alla folla di armati ed ordinò loro di arrendersi. Dopo un momento di esitazione, 43 ufficiali e 1500 soldati gettarono le armi, sorpresi ed affascinati dall’apparizione di un nemico così audace.
    Per finire Rommel scalò il M. Matajur da dietro e lanciò dalla vetta i suoi razzi segnaletici per annunciare la vittoria; aveva marciato senza sosta per 50 ore, aveva percorso 12 miglia in linea retta su terreno di montagna, era salito oltre 2200 metri e pur non avendo ai suoi ordini più di 6 compagnie, aveva catturato 150 ufficiali italiani, 9000 uomini e 81 cannoni. Egli stesso però trovò assai incomprensibile la poca voglia di combattere degli italiani.

    Per questa azione Rommel venne compensato con la Puor le Mérite, decorazione riservata solo ad ufficiali di alto rango, inoltre fu promosso Hauptmann, cioè capitano. Poco dopo attraversò di notte le acque gelate del fiume Piave assieme a 6 uomini, attaccò il villaggio di Longarone occupandone il presidio. Questa volta fece aprire il fuoco sull’abitato in piena notte da punti diversi, poi all’alba andò solo ad informare gli italiani che erano circondati ed ordinò loro di arrendersi. Dopo questo colpo di mano gli venne conferito un permesso ed assegnato contro la sua voglia e volontà ad incarichi di stato maggiore ove vi rimase fino alla fine della guerra.

    Rommel era un soldato al 100%, non aveva altre passioni all’infuori della guerra, non leggeva altri libri all’infuori di quelli di guerra e veniva allo stesso tempo definito da chi lo ha conosciuto come una persona geniale, arditissima, sprezzante del pericolo, desiderosa al massimo di vincere la guerra nel suo settore. Dopo essersi sposato tornò nel suo battaglione con lo stesso carattere e determinazione che aveva prima, non era cambiato minimamente da quella importante esperienza. Si diceva, “dove c’è Rommel c’è il fronte”.



    Tratto da "Rommel - la volpe del deserto"
    Autore Desmond Young, edizioni Longaronesi & C. 1966


    Edited by Oskar - 2/9/2014, 19:09
     
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  4. _SmokY_
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    Capitolo III, Tra la I Guerra Mondiale all'avvento del Nazismo



    A differenza della sconfitta nella II Guerra Mondiale quando il popolo tedesco all’infuori dei fanatici delle SS era consapevole della sua inevitabilità, la Germania nel 1918 non aveva ancora visto un fronte aperto nei suoi territori, i soldati erano in Italia e Francia e gli stessi alleati preparavano le strategie per il 1919, lo Stato Maggiore però era ben consapevole della sconfitta, infatti questa la si poteva solamente ritardare ma non evitare e fu per questo che non si accorciò il fronte, non si praticò una lenta ritirata per poi tentare di chiedere una pace più onorevole. E’ inutile in questo frangente dilungarsi più di tanto sugli aspetti della sconfitta militare germanica nella I Guerra Mondiale ma è invece molto rilevante comprendere in che situazione si trovò il paese nel periodo post bellico.
    E’ facile attribuire i nostri insuccessi a qualsiasi causa anziché alle nostre deficienze ed è quello che successe a quel tempo. Viveva la leggenda della “pugnalata alla schiena” e gli alleati non fecero altro che ampliarla permettendo ai soldati tedeschi di rientrare in patria con le loro insegne ed armati, vincolando il popolo ad una pace che sebbene non fosse meno peggiore di quella che loro volevano offrire fu quanto meno una delle maggiori cause dell’avvento del nazismo.
    Fu una pace dettata senza ascoltare la voce tedesca e nessuno di loro se ne sentì vincolato.
    Mentre nel 1945 i tedeschi erano distrutti, nel 1918 avevano ancora abbastanza forza e voce per azzuffarsi tra di loro e già pensavano ad una rivincita, non celere, ma che di sicuro prima o poi doveva essere compiuta.
    Rommel nel 1918 fu riassegnato al suo antico reggimento, il 124° di fanteria distanza a Weingarten, di cui aveva fatto parte fin dal 1910. Nel dicembre del ’18 dovette fare un viaggio per andare a prendere sua moglie che era gravemente ammalata a casa della nonna presso Danzica. In quel viaggio, in una Germania in rivolta venne quasi arrestato perché viaggiava in uniforme, venne interrogato e deriso ma riuscì nel suo intento. Nel 1919 egli si recò a comandare una compagnia in servizio d’ordine pubblico a Friedrichshaven dove per la prima volta ebbe a che fare con i tedeschi che non volevano ubbidire agli ordini. Tra i suoi sottoposti vi era un gruppo di marinai “rossi” che gli diedero parecchi grattacapi, lo fischiarono perché portava la “Pour Le Merite”, chiesero il permesso di nominare un commissario, si rifiutarono di fare il passo dell’oca e tennero un comizio rivoluzionario. Rommel allora intervenne alla riunione, salì sul palco disse chiaramente che voleva comandare dei soldati e non dei facinorosi, il giorno dopo li fece sfilare ma si rifiutarono di partecipare, quindi egli montò a cavallo e li piantò in asso, essi lo seguirono docilmente e con lui rientrarono in caserma. Nel giro di pochi giorni divennero così mansueti che il responsabile della polizia locale volle i nomi per arruolarli in essa con un cospicuo premio in denaro ma molti di essi rifiutarono per seguire il loro comandante.
    L’esercito tedesco a quei tempi secondo il trattato di Versailles non poteva avere tra le sue fila più di 100 000 uomini, atti secondo le intenzioni degli alleati a mantenere l’ordine interno ma questo fu un grosso errore, infatti quei 100 000 uomini molto addestrati furono la base di quell’esercito di coscritti che Hitler volle quando prese il potere. Fu Von Seeckt il padre di tutto questo, egli volle non un esercito di polizia ma un esercito estremamente efficiente, praticò molti sotterfugi per aumentarne le fila e tutti i tedeschi erano indaffarati a nascondere queste intenzioni alla commissione sul riarmo alleata costituita per verificare che la Germania rispettasse i trattati di pace.
    La vita dell’ufficiale tedesco non fu dunque negli anni successi alla guerra arida ed inutile come quanto si potrebbe credere.

    Dal 1919 al 1933 anno in cui Rommel ottenne la promozione a Maggiore fu un periodo tutt’altro che infelice. Nel 1927 si recò con la moglie in Italia per visitare il teatro delle sue operazioni di guerra. A Longarone, località della celebre battaglia che lo consacrò al rango di superbo combattente, Frau Rommel scoprì le tombe della famiglia Molino da cui si riteneva discendesse ma non poterono starci più di tanto in quanto ancora echeggiavano le imprese del marito con il conseguente astio della popolazione. Nel corso di un'altra licenza i coniugi Rommel risalirono il Reno in barca fino al lago di Costanza. Poiché tutti e due erano amanti dello sci, dell’equitazione e dei cani e preferivano la vita di campagna che a quella in città. Ad entrambi piaceva il ballo ma non il cinema, la vita di società o il teatro. In casa Rommel suonava il violino da dilettante, non fumava, non beveva, molto schizzinoso a tavola, ingegnoso e servizievole tanto da riparare egli stesso tutte le suppellettili che si rompevano. Un giorno comprò una motocicletta che subito smontò pezzo per pezzo per poi rimontarla in maniera impeccabile senza avanzare una vite o un dado. Così gli anni passavano senza grossi intoppi, l’unico episodio degno di nota fu la nascita di Manfred nel natale del 1928.
    Nell’ottobre del 1928 Rommel fu assegnato in veste di istruttore alal scuola militare di Dresda, dove rimase per quattro anni esatti. Le sue lezioni alla scuola portarono alla pubblicazione del libro “Infanterie greift an” (La fanteria Attacca), costruito sulle sue antecedenti esperienze belliche. E’ un eccellente manuale di tattica con immagini e racconti, tanto che divenne libro di testo dell’esercito svizzero, però attirò anche l’attenzione di altri soldati che durante la IIGM sarebbero stati suoi nemici.


    Tratto da "Rommel - la volpe del deserto"
    Autore Desmond Young, edizioni Longaronesi & C. 1966


    Edited by Oskar - 2/9/2014, 19:10
     
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    Prima di completare il topic iniziato da Smoky riporto parte della dichiarazioni del figlio della volpe del deserto rilasciate nel 1996. Interessante soprattutto nella parte finale.Manfred Rommel, classe 1928, e' il figlio di Erwin Rommel, "la volpe del deserto", il piu' celebre dei generali di Hitler, costretto a togliersi la vita nel 1944 per aver preso parte alla congiura del conte von Stauffenberg. Fu anche per amore suo che il padre si allontano' dal fronte occidentale nel giugno del 1944, certo che gli alleati non avrebbero iniziato lo sbarco di Normandia, per trascorrere il giorno del compleanno con la famiglia: un fine settimana cominciato con le immagini sorridenti di Erwin Rommel, la moglie e il giovane Manfred appena quindicenne, e poi "finito in un incubo", con migliaia di navi davanti alle coste francesi. E fu soprattutto per lui, per salvargli la vita insieme alla madre, che subito dopo il fallito attentato di Stauffenberg, Erwin Rommel accetto' il "diktat" di un Hitler assetato di vendetta portatogli fin sulla porta di casa da due ufficiali della Gestapo: o si toglieva la vita o lui e l' intera famiglia sarebbero stati sterminati. Erwin Rommel scelse il cianuro. Nel suo ricordo, Erwin Rommel "era una persona molto tollerante, almeno in famiglia. Un padre affettuoso, un ottimo matematico, con un grandissimo senso personale della responsabilita' e, per quanto possa sembrare strano, molto diffidente verso le alte autorita' militari. Era piuttosto un guerriero che uno stratega". Un padre ironico, anche, bonariamente rassegnato a quel figlio dalla risata facile e contagiosa, che "non poteva portare ai funerali" e al quale aveva predetto "un futuro da clown". "Vede, per me non e' stato difficile convivere con questo nome: ne sono fiero". Seduto nel suo ufficio di borgomastro, la voce resa un po' tremante dalla lunga malattia che lo affligge, Manfred Rommel guarda con tenerezza una foto che lo ritrae ancora piccolo accanto al genitore in divisa. Quando lo incontriamo e' l' ultimo giorno del suo mandato, ora Stoccarda ha un nuovo sindaco. "Conclusi la guerra da prigioniero in Francia. Avevo 16 anni e gia' 21 mesi di servizio attivo. Ricordo tutto di quel periodo e per questo posso capire molto bene le azioni di mio padre. Cerco' , nei limiti di cio' che poteva, di porre fine alla guerra e pago' con la vita. Mio padre non sapeva tutto quello che sappiamo oggi su Hitler. Ancora all' inizio del 1944, mi disse che lui credeva possibile un gesto di grande responsabilita' da parte di Hitler, la cessazione delle ostilita' con l' ammissione che la guerra era stata perduta. Credeva fosse questa l' unica possibilita' di salvare la Germania. Poi, quando comincio' ad avere il sospetto che in realta' Hitler voleva andare fino in fondo, cambio' atteggiamento. Hitler non era un patriota, ma di questo la maggioranza dei tedeschi se ne accorse durante la guerra o dopo la sua fine". Certo, Manfred Rommel e' il primo a rendersi conto che la resistenza tedesca a Hitler "e' una storia di sconfitta". "Chissa' , forse, se Hitler fosse morto nell' esplosione di Rastenburg, la Storia avrebbe potuto prendere un corso diverso. Forse. Ma la verita' e' che quell' esito era scontato. Hitler era un genio a organizzare il potere, sotto di lui l' esercito tedesco in quanto unita' organica non e' mai esistito. Non c' era uno stato maggiore interforze dove i generali potessero confrontarsi, valutare l' andamento complessivo della guerra era impossibile, ogni capo militare riportava direttamente a lui. Fra il ' 39 e il ' 44 mio padre riusci' a incontrarsi con Hitler si' e no una volta all' anno". Lentamente ma inesorabilmente il colloquio scivola sul passato che non passa. C' e' stata polemica rovente negli ultimi mesi in Germania, dopo la pubblicazione del libro di Daniel Goldhagen, un giovane studioso americano che ha riproposto, con nuovi dati e documenti, la tesi della colpa tedesca: l' Olocausto non sarebbe stato possibile senza la partecipazione volontaria e a tratti entusiasta dell' intero popolo tedesco. "Non accetto la tesi della responsabilita' collettiva . dice Rommel ., il grande Schiller ha scritto che "ognuno ha una persona ideale dentro il suo cuore, ma anche la cancrena di una persona ideale", il suo opposto. Sotto una dittatura e' questa persona che viene fuori. Durante il nazismo i tedeschi hanno fatto cose che non avrebbero fatto in una societa' libera, ma chiedo a Goldhagen: e' questo uno speciale problema tedesco? No, rispondo io, e' un problema di ogni dittatura. L' aspetto speciale in Germania fu che Hitler odiava gli ebrei e pensava di poterli eliminare tutti". Il punto e' che "ogni dittatura corrompe la morale e prova a sostituire i valori fondamentali . verita' , onesta' , amore per il prossimo . con il valore surrogato della lealta' alla cosiddetta patria. Hitler riusci' in questa opera". Ma contestare la tesi della colpa collettiva non significa per Manfred Rommel rimuovere la discussione sul passato. "Non ne abbiamo mai parlato come negli ultimi anni. Ed e' stata una buona riflessione. La lezione che dobbiamo trarne e' che non bisogna mai, in nessuna circostanza, abbandonare la democrazia
     
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