Manifesto del partito comunista

di Karl Marx e Friedrich Engels

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    Il "Manifesto del partito comunista" di Karl Marx e Friedrich Engels è un libro che ha scritto una pagina indelebile nella storia dell' ideologia comunista, delle rivoluzioni e delle passioni politiche di milioni di persone.
    Opera snella, il "Manifesto del partito comunista" contiene i pensieri di Marx ed Engels tuttora più conosciuti, molto più de "Il capitale", libro invece mastodontico e complesso.
    Scritto e pubblicato in fretta dai due autori in occasione dei moti rivoluzionari francesi del 1848, il "Manifesto" è a tutti gli effetti una sorta di opuscolo destinato a promuovere quella rivoluzione. Ciò nonostante è entrato nella storia. Frasi quali "La storia di ogni società sinora esistita è la storia delle lotte di classe" (l' inizio dell' opera) e "Proletari di tutti i paesi, unitevi!" (la fine) sono ormai da molti decenni, con alcune varianti, urlate nelle manifestazioni di piazza, riportate su milioni di gadget di sinistra pensati soprattutto per i giovani (che spesso non hanno neppure letto il "Manifesto", né sanno chi siano i due autori che lo hanno scritto) e riprese anche a sproposito.
    Ma se vi invito a leggere il lavoro di Marx ed Engels è per altri motivi. Le frasi d' impatto le conoscono tutti, quello che però è davvero importante è ricostruire le idee dei due padri del socialismo scientifico, idee che hanno plasmato il dibattito sociologico e politologico per secoli. Alcune si sono rivelate predizioni manifestamente infondate (ad esempio la teoria secondo la quale le società moderne sarebbero diventate in breve tempo società a due classi, borghesia e proletariato); altre invece, rilette oggi, dimostrano la straordinaria capacità di leggere in anticipo gli sviluppi socio-economici mondiali di Marx ed Engels; in particolare le tesi che per certi versi anticipano il fenomeno della globalizzazione risultano estremamente interessanti. Inoltre il lavoro di Marx ed Engels, pur nella sua brevità, ha il grande merito di far trasparire dalle sue righe i sentimenti dell' epoca dei moti rivoluzionari che scossero l' Europa nel 1848, moti che fallirono ma che, al pari degli avvenimenti del 1968, cambiarono in profondità le coscienze delle persone e, quindi, il mondo. Allo stesso modo, la lettura del "Manifesto" consente di comprendere molti dei veri pensieri dei due autori tedeschi, senza dover ricorrere alle letture indirette, tutte o quasi influenzate da un qualche tipo di filtro ideologico. Inoltre questa è anche la strada maestra per formarsi un pensiero critico indipendente sul contributo teorico di Marx ed Engels, e su cosa il comunismo sarebbe dovuto essere secondo i suoi padri.
    La casa editrice Laterza da qualche anno pubblica l' opera all' onestissimo prezzo di copertina di cinque euro; anche per questo vi consiglio di acquistarla ed investire qualche minuto nella sua lettura, senza pregiudizi di parte e solo per fini di conoscenza storica e socio-politologica.
     
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    Io l'hò letto da ragazzo , allora mi consideravo di sinistra come quasi tutti i miei amici che nonl'hanno mai letto e sonorimasti tal , la sua lettura è una delle ragioni che mi hanno allontanato dal comunismo , se non ricordo male cominciava con: Un fantasma attraversa l' Europa , bene , sono contento che il comunismo sia tornato un fantasma.

    Hò provato a leggere anche il capitale(ai miei tempi lo vendevano a fascicoli rilegabili in edicola),mi picco di finire sempre i libri che inzio ma quello credo non lo abbia letto fino in fondo neanche Lenin , alla fine rimangono in testa solo slogan stupidi e pericolosi come: La violenza è la levatrice di una società vecchia gravida di una società nuova.

    Edited by Romeottvio - 5/12/2009, 18:06
     
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  3. alexandrom
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    Sto' leggendo (a pezzi :D) il primo libro del capitale.

    Il fantasma che si aggira per l'Europa... lo lessi tempo fà , molto velocemente , nn mi ha entusiasmato. Il capitale si.

     
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    Sono andato a frugare in soffitta , dove tengo gli scatoloni dei libri che mia moglie relega lassù e hò ritrovato il Manifesto (veramente cercavo il Corano per rinfrescarmi le idee).
    L' hò riletto e devo dire che la mia prima impressione era giusta , si parla di Democrazia senza neppure averne il concetto , il decalogo che chiude il secondo capitolo dà esattamente l' idea di ciò che sarebbe successo nei paesi del socialismo reale , è stato realizzato ciò che lì era teorizzato , gli eccessi erano impliciti , quando si teorizza una società regolata come un esercito (sic) di operai e contadini la creazione di una oligarchia politica è inevitabile , Marx e Henghels chiamano democrazia una caserma in perenne stato di guerra , quando anche gli ufficiali si sono resi conto che tutto si riduceva a questo la caserma è crollata.

    Edited by Romeottvio - 11/2/2010, 10:39
     
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  5. Capt.W
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    Letto più volte. Ho anche letto Il Capitale di Carlo Marx, brevemente compendiato da Carlo Cafiero di, appunto, Carlo Cafiero. Interessante.
     
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  6. Francesco Alarico della Scala
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    Un messaggio di manfred.r in tag mi ha ricordato che oggi ricorre l'anniversario della pubblicazione del Manifesto. Così ho cercato nel forum e ho trovato questo topic, dedicato alla sua ristampa del 2009, che peraltro posseggo anch'io.

    CITAZIONE
    Hò provato a leggere anche il capitale(ai miei tempi lo vendevano a fascicoli rilegabili in edicola),mi picco di finire sempre i libri che inzio ma quello credo non lo abbia letto fino in fondo neanche Lenin ,

    Questo può esser per Fidel Castro, che ha pubblicamente ammesso di non averne terminato la lettura. Lenin, al contrario, deve averlo letto, e per giunta assai presto, come testimoniano i suoi primissimi scritti di polemica coi populisti e le loro teorie economiche, nonché lo scritto del 1894 Che cosa sono gli «amici del popolo» e come lottano contro i socialdemocratici?, denso di riflessioni metodologiche sull'opera marxiana. Stalin e i suoi compagni di lotta, non potendo all'epoca acquistarlo, complice la censura zarista e la sua scarsa diffusione, affittarono una copia del Capitale e la trascrissero integralmente a mano, imparandone quasi a memoria il contenuto. Kim Jong Il, dal canto suo, lesse per intero l'opera almeno tre volte ed incitò i suoi quadri a leggerla anche dopo il crollo dell'URSS.
    E aveva ragione: come negli anni recenti hanno ammesso perfino alcuni economisti occidentali, la conoscenza della teoria di Marx avrebbe aiutato a prevenire l'attuale crisi economica.

    CITAZIONE
    alla fine rimangono in testa solo slogan stupidi e pericolosi come: La violenza è la levatrice di una società vecchia gravida di una società nuova.

    Innanzi tutto, questo non è tanto uno slogan quanto una constatazione di fatto: perfino le basi dell'odierno sistema politico occidentale in Europa furono poste dalla Rivoluzione francese, col suo annesso portato di violenza e di terrore.
    Ciò detto, il marxismo fu sempre molto lontano dall'assolutizzare il ruolo della violenza e della pressione politica in genere: già Engels, nel suo Anti-Dühring, derise con mordente sarcasmo ed approfondite argomentazioni la "teoria della violenza" predicata dal socialismo piccolo-borghese tedesco di allora. Secondo la concezione materialistica della storia, a stimolare in ultima istanza il progresso sociale è lo sviluppo delle forze produttive, di cui le azioni politiche, ivi incluse quelle violente, non rappresentano che l'epifenomeno.
    Nel suo discorso dell'8 settembre 1872 ad Amsterdam, Marx teorizzò la possibilità di un'ascesa pacifica al potere, oggi assai remota ma non certo esclusa a priori. Nell'introduzione di Engels all'edizione tedesca del 1891 della Guerra civile in Francia si afferma inoltre che il movimento operaio deve farsi alfiere delle libertà democratiche che il capitalismo, una volta giunto a maturazione, tende a sopprimere.
    Le esperienze storiche socialiste o sedicenti tali (Cina maoista, Cambogia di Pol Pot, Albania di Enver Hoxha, ecc.) in cui si è avuta un'esagerazione del ruolo della violenza e dei metodi amministrativi di direzione sono soltanto quelle caratterizzate, putacaso, da una carente e lacunosa assimilazione della teoria economica marxiana, organicamente esposta nel Capitale, e dei suoi rapporti con l'azione politica.

    CITAZIONE
    il decalogo che chiude il secondo capitolo dà esattamente l' idea di ciò che sarebbe successo nei paesi del socialismo reale , è stato realizzato ciò che lì era teorizzato , gli eccessi erano impliciti , quando si teorizza una società regolata come un esercito (sic) di operai e contadini la creazione di una oligarchia politica è inevitabile , Marx e Henghels chiamano democrazia una caserma in perenne stato di guerra , quando anche gli ufficiali si sono resi conto che tutto si riduceva a questo la caserma è crollata.

    Concordo a metà. Convengo nell'affermare che quanto realizzato nei paesi del socialismo reale fu la fedele traduzione in pratica delle tesi di Marx ed Engels. Dissento invece dall'asserzione secondo cui gli eccessi sarebbero stati impliciti. Gli eccessi, per esempio, nel campo della collettivizzazione agricola e della conseguente liquidazione dei contadini ricchi in quanto classe furono dovuti in primo luogo all'inesperienza, al fatto che un'impresa politica del genere era tentata in URSS per la prima volta. Ciò è dimostrato dal fatto che in altri paesi (come la Corea del Nord, ad esempio) si è potuto evitare uno scontro frontale coi contadini ricchi ed integrarli nell'economia cooperativa con metodi pacifici.
    Sulle cause del crollo del socialismo in URSS e in Europa orientale si potrebbero scrivere molti libri. Per ora basti dire che i regimi in questione assomigliavano sempre meno a delle "caserme". In URSS, per esempio, le repressioni massicce propriamente dette erano cessate dopo il 1956, dal 1965, con la riforma Kosygin, il meccanismo di gestione dell'economia era meno centralizzato e si serviva di incentivi economici su larga scala, e via dicendo. Per cui fatica a reggere la tesi di chi riconduce il crollo a una mera presa di coscienza, da parte dei dirigenti, del carattere di "caserma" proprio dello Stato socialista, nel momento storico in cui esso si emancipava sempre più dai suoi tratti più affini a un tale carattere (e questo i dirigenti non potevano non saperlo).
     
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    CITAZIONE (frapalin @ 21/2/2015, 17:29) 
    CITAZIONE (Capt.W @ 6/11/2012, 18:52) 
    Letto più volte. Ho anche letto Il Capitale di Carlo Marx, brevemente compendiato da Carlo Cafiero di, appunto, Carlo Cafiero. Interessante.

    Questo non me lo aspettavo affatto...

    Se è per questo, ho in casa anche La mia vita di Trozkij e - odi odi caro frap - Storia e coscienza di classe di György Lukács. :dev:
    Oltre, naturalmente, ad un paio di biografie del Che. :rolleyes:
     
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  8. Francesco Alarico della Scala
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    Apprendo con piacere di non esser l'unico ad aver ascoltato entrambe le campane sulla questione comunista. Personalmente ho letto Robert Conquest, Andrea Graziosi, Arkadij Vaksberg, Maria Zalambani, Andrej Sinjavskij, Pier Luigi Contessi, Aleksandr Ginzburg, Giuseppe Averardi e Shin Dong Hyuk, nonché, sul versante filosofico, Karl Popper, Lucio Colletti, Hans Kelsen e Vittorio Strada. Una schiera d'autori che spaziano dalla bassa propaganda a riflessioni interessanti e costruttive.
    Agli anticomunisti mi permetto di consigliare la lettura di Vladimir Nemčinov e di Vadim Trapeznikov, nei cui scritti numerosi malintesi trovano un decisivo chiarimento.
     
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  9. Francesco Alarico della Scala
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    Non so chi siano questi autori, ma dai nomi sono propenso a credere che vengano appunto dall’ideologia comunista, il che me ne scoraggia decisamente la lettura (non in quanto comunisti, ma in quanto “faziosi” – di qualunque parte – e quindi scarsamente attendibili).

    Nemčinov e Trapeznikov? Beh, erano due economisti che dimostrarono come nel socialismo sia perfettamente possibile surrogare il mercato capitalistico e stimolare la competizione, senza giungere però agli esiti traumatici che essi hanno in Occidente (disoccupazione, sfruttamento, ecc.). Il crollo dell’URSS si deve, fra le altre cose, ad una incompleta attuazione delle loro proposte: benché il sistema sociale sovietico fosse nettamente superiore a quello odierno (parola di tutti, senza eccezione, i cittadini dell’Est che ho sinora conosciuto), esso non era privo di difetti. E Nemčinov e Trapeznikov, pur essendo di orientamento marxista, seppero additarne le lacune fin dagli anni ’60.
    A parte questo, mi chiedo come si possa bollare un autore come “fazioso”, per giunta senza conoscerlo, a priori. Se Hitler avesse detto che l’acqua bolle a 100°C non mi sognerei mai di tacciare di faziosità le sue parole, malgrado tutta la distanza che mi separa dalle sue idee politiche. Chiunque, a prescindere dal suo credo politico, può fare affermazioni giuste ed interessanti; ma, prima di emettere giudizi, bisogna leggere quanto un autore scrive, non qualificarlo come “fazioso” prima ancora d’aver preso visione delle sue dichiarazioni. Altrimenti si scade nel pregiudizio puro e semplice, e la tara di “faziosità” diviene un comodo sofisma per rifuggire il confronto coi punti di vista altrui. Personalmente, benché io sulla questione comunista abbia un certo punto di vista, facilmente intuibile, non mi permetterei mai di rifiutare la lettura di testi e documenti di opposto orientamento adducendo come scusa la loro pretesa “tendenziosità”: prima di giudicare voglio conoscere.
     
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  10. Francesco Alarico della Scala
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    F.A.D.S., con il termine “fazioso” intendo che si tratta di un esponente di quella corrente sociale/politica, quindi trovo difficile fidarmi di quanto scritto da loro a favore del socialismo; per lo stesso discorso trovo difficile fidarmi di um capitalista che vuole convincermi a tutti i costi che la sua è la parte migliore. Insomma, mancano gli occhi “neutrali” per valutare la cosa.
    Per farti un esempio pratico, io in macchina ho un incidente contro di te e tu presenti tua sorella come testimone: come ci si può fidare di un testimone “di parte”? ;)

    Mia sorella potrebbe però sempre scegliere (visto che siamo in tema di cose sovietiche) di seguire l’esempio di Pavlik Morozov (http://it.wikipedia.org/wiki/Pavlik_Trofimovi%C4%8D_Morozov). Fuor di metafora, convengo con te che la provenienza politica di chicchesia possa darci un’indicazione di massima su come giudicare le sue dichiarazioni, ma credo che si tratti solo di una probabilità: per eseguire la “prova del nove” occorre esaminare direttamente tali dichiarazioni, senza preconcetti di sorta (altrimenti rischieremmo di diventare noi stessi faziosi). ;)
     
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    Storia agghiacciante questa di Morozov...mi ha fatto venire in mente il personaggio del figlio di Xavier March in Fatherland di Harris.
     
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    Dei 2 personaggi citati come geniali riformatori del sistema economico sovietico, sul primo vi sono 5 rghe sul sito Treccani, dove lo si descrive come fedele esecutore ed esperto di statistica ed economia del regime, del secondo poi, dalla carriera simile, per avere qualche riga di nessuna importanza ho dovuto consultare la Wiki inglese.
    L'unica notizia che trapela per ora in rete è che ebbero l'Ordine di Lenin e quello di Stalin.
     
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  14. Francesco Alarico della Scala
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    Dei 2 personaggi citati come geniali riformatori del sistema economico sovietico, sul primo vi sono 5 rghe sul sito Treccani, dove lo si descrive come fedele esecutore ed esperto di statistica ed economia del regime, del secondo poi, dalla carriera simile, per avere qualche riga di nessuna importanza ho dovuto consultare la Wiki inglese.
    L’unica notizia che trapela per ora in rete è che ebbero l’Ordine di Lenin e quello di Stalin.

    Sì, non sono personaggi molto noti al di fuori dell’ambito specialistico. Per una bibliografia diretta segnalo: AA.VV., Piano e profitto nell’economia sovietica, Editori Riuniti, 1965, e V. Nemčinov, Valore sociale e prezzo pianificato, Editori Riuniti, 1977. L’articolo di Trapeznikov incluso nel primo volume è riprodotto anche in A. Cavallari, La Russia contro Kruscev, Vallecchi, 1964, pp. 47-55.
    A livello storico, dei due economisti in questione si parla in ogni opera degna di questo nome sull’URSS degli anni ’50-’70, per esempio nel volume del Graziosi.
     
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    Non dubito che negli anni "60" scrittori e case editrici come "Editori riuniti" fandata da Roberto Bonchio, all'epoca funzionario del PCI di via delle Botteghe Oscure, parlassero di due alti funzionari del ministero dell'economia sovietica, in quel periodo frequentavo le festedell'Unità, i dirigenti dei partiri comunisti dell'est erano ospiti d'onore, solo che le loro citazioni si fermano a quel periodo, a quanto dici tu, non se li ricorda più nemmeno Bertinotti.
     
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14 replies since 29/4/2009, 11:07   895 views
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