LA LEGGE SULLA SICUREZZA E I DUBBI DI NAPOLITANO

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  1. lupog
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    "Al Presidente della Repubblica non spetta pronunciarsi e intervenire sull'indirizzo politico e sui contenuti essenziali di questa come di ogni legge approvata dal parlamento: essi appartengono alla responsabilita' esclusiva del governo e della maggioranza parlamentare. Il presidente della Repubblica non puo' invece restare indifferente dinanzi a dubbi di irragionevolezza e di insostenibilita' che un provvedimento di rilevante complessita' ed evidente delicatezza solleva per taluni aspetti specie sul piano giuridico. Di qui' le preoccupazioni e sollecitazioni contenute nella mia presente lettera e rivolte all'attenzione di questo governo nello stesso spirito in cui mi sono rivolto - dinanzi a distorsioni nel modo di legiferare, ad esempio in materia di bilancio dello Stato - al precedente governo e nello stesso spirito in cui auspico ne tengano conto tutte le forze politiche che si candidino a governare il paese". Cosi' si conclude la lettera di cinque pagine che il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato al premier Silvio Berlusconi, ai ministri Maroni e Alfano e ai presidenti delle Camere. Il presidente della Repubblica precisa nella sua missiva: "ho ritenuto di non poter sospendere in modo particolare la entrata in vigore di norme - ampiamente condivise in sede parlamentare - che rafforzano il contrasto alle varie forme di criminalita' organizzata sia intervenendo sul trattamento penitenziario da riservare ai detenuti piu' pericolosi sia introducendo piu' efficaci controlli e sanzioni per le condotte di infiltrazioni mafiose nelle istituzioni e nella economia legale. Non posso tuttavia fare a meno di porre alla vostra attenzione perplessita' e preoccupazioni che, per diverse ragioni, la lettura del testo ha in me suscitato". Napolitano ricorda che questo provvedimento trae origine dal disegno di legge presentato dal governo in Senato il 3 giugno 2008. Il Capo dello Stato sottolinea che "dal carattere cosi' generale e onnicomprensivo della nozione di sicurezza posta a base della legge, discendono la disomogeneita' e la estemporaneita' di numerose sue previsioni che privano il provvedimento di quelle caratteristiche di sistematicita' e organicita' che avrebbero invece dovuto caratterizzarlo". Il Capo dello Stato invita a riflettere in particolare sulle disposizioni "che hanno introdotto il reato di immigrazione clandestina" nonche' sull'altra norma, quella concernente le ronde, che da la possibilita' ai sindaci di "avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini per segnalare alle forze di polizia anche locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale". Sul reato di clandestinita' il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano invita ad una "rinnovata riflessione che consenta di approfondire la loro coerenza con in principi dell'ordinamento e di superare - si legge a pagina 3 della lettera - futuri o gia' evidenziati equivoci interpretativi e problemi applicativi. Mi riferisco alle disposizioni che hanno introdotto il reato di immigrazione clandestina (Art. 1 commi 16 e 17). Esso punisce non il solo ingresso, ma anche il trattenimento nel territorio dello Stato. La norma e' percio' applicabile a tutti i cittadini extracomunitari illegalmente presenti nel territorio dello Stato al momento dell'entrata in vigore della legge. Il dettato normativo non consente interpretazioni diverse: allo Stato, esso apre la strada a effetti difficilmente prevedibili. In particolare, suscita in me forti perplessita' la circostanza che la nuova ipotesi di trattenimento indebito non preveda la esimente della permanenza determinata da "giustificato motivo". La Corte costituzionale (sentenze n. 5/2004 e n. 22/2007) ha sottolineanto il rilievo che la esimente puo' avere ai fini della "tenuta costituzionale" di disposizioni del genere di quella ora introdotta. L'attribuzione della contravvenzione di immigrazione clandestina alla commissione del giudice di pace non mi pare poi in linea con la natura conciliativa di questi e disegna nel contempo, per il reato in questione, un "sottosistema" sanzionatorio non coerente con i principi generali dell'ordinamento e meno garantistica di quello previsto per delitto di trattenimento abusivo sottoposti alla cognizione del Tribunale. Per il nuovo reato la pena inflitto non puo' essere condizionalmente sospesa o "patteggiata", mentre la eventuale condanna non puo' essere appellata. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella missiva sottolinea ancora: "Le modifiche apportate dall'Art. 1 comma 22 let. m. in materia di espulsione del cittadino extracomunitario irregolare, determinano - a ragione di un difettoso coordinamento normativo - il contraddittorio e paradossale effetto di non rendere piu' punibile (o al piu' punibile solo con una ammenda) la condotta del cittadino extracomunitario che fa rientro in Italia pur dopo essere stato materialmente espulso. La condotta era precedetemente punita con la reclusione da 1 a 5 anni. L'art. 1 comma 11 introduce una fattispecie di tipo concessorio per l'acquisto della cittadinanza da parte dic hi e' straniero e contrae matrimonio con chi e' italiano. La norma non individua i criteri in base ai quali - fa notare Napolitano - la concessione e' dato o negata e affida qualsiasi determinazione alla piu' ampia discrezionalita' degli organi competenti". Nella lettera il Capo dello Stato scrive ancora in materia di ronde che "ai commi da 40 a 44 l'art. 3 stabilisce che i sindaci possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini per segnalare alle forze di polizia anche locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. Essendo affidata non alla legge ma a un successivo decreto del ministro dell'Interno la determinazione degli "ambiti operativi" di tali disposizioni, appare urgente la definizione di detto decreto in termini di rigorosa aderenza ai limiti segnati in legge relativamente al carattere delle associazioni e al compito ad esse attribuito. Da cio' dipendera' la riduzione al minimo di allarmi e tensioni nell'applicazione della normativa in questione, anche sotto il profilo dell'aggravio che possa derivarne per gli uffici giudiziari. "Anche in rapporto alla innovazione sancita nei commi 40-44 dell'art. 3, va considerato il comma 32 dello stesso articolo secondo il quale - scrive sempre il Presidente Napolitano - spettera' al ministro dell'Interno stabilire "le caratteristiche tecniche degli strumenti di difesa", con particolare riferimento alla nebulizzazione di un determinato principio attivo naturale, ovvero all'uso di uno spray al peperoncino. Il rischio da scongiurare e' che si favorisca la delinquenza di strada o comunque si indebolisca la prescrizione che le associazioni, di cui al comma 40, debbano essere formate da "cittadini non armati". Peraltro e' da rilevarsi che, stando ai principi affermati dalla giurisprudenza, il porto dello spray potrebbe restare sempre vietato a norma dell'art. 4 della legge 110/1975".


    --------
    Un provvedimento quello di Napolitano che senza scendere nel trivialismo di Di Pietro secondo cui " Con il suo lamento, Napolitano ammanta di ipocrisia una legge che doveva tornare in Parlamento” lascia qualche interrogativo in ordine alla decisione di promulgare una legge di cui però si esplicitano dubbi sulla coerenza con i principi generali dell'ordinamento.

    per favorire l'analisi invito a leggere i commenti di Massimo Franco sul Corriere

    http://www.corriere.it/politica/09_luglio_...44f02aabc.shtml



    e di Giuseppe D'Avanzo su Repubblica

    http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/p...zo-decreto.html

     
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  2. _SmokY_
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    Sono totalmente d'accordo con Napolitano e lo ringrazio per aver messo alla luce in maniera solenne questi punti critici.
    Di Pietro come è d'abitudine ormai degenera in assurdità, un decreto respinto dal presidente la prima volta verrà approvato - con molte probabilità - la seguente e quindi la scelta di Napolitano è sicuramente la più giusta.
     
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    Io non condivido gli attacchi scomposti al Colle, ma sottoscrivo la critica seconda la quale Napolitano avrebbe dovuto rimandare la legge alle Camere; non occorre essere costituzionalisti di fama per capire che il pacchetto sicurezza del governo contiene diversi elementi che avrebbero giustificato una tale, ben più incisiva, scelta del presidente della Repubblica.
     
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    Una pungente critica di Marco Travaglio:

    La mosca tzè tzè
    da L'Antefatto.it

    Noi che, poveri ignoranti, non conosciamo la Costituzione, pensavamo che i poteri e i doveri del Presidente della Repubblica fossero quelli indicati dalla Costituzione. E cioè:
    - rappresentare l'unità nazionale
    - inviare messaggi alle Camere
    - indire le elezioni delle Camere
    - autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del governo
    - promulgare le leggi ed emanare i decreti aventi valore di legge e i regolamenti (oppure rinviare le leggi alle Camere in caso di manifesta incostituzionalità)
    - indire il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione
    - nominare il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri
    - nominare, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato, ma anche i senatori a vita e alcuni giudici costituzionali, ma anche i membri delle autorità di garanzia
    - accreditare e ricevere i rappresentanti diplomatici, ratificare i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere
    - comandare le Forze armate, presiedere il Consiglio supremo di difesa, dichiarare lo stato di guerra deliberato dalle Camere
    - presiedere il Consiglio superiore della magistratura
    - concedere la grazia e commutare le pene
    - conferire le onorificenze della Repubblica
    - sciogliere le Camere o anche una sola di esse, sentiti i loro presidenti.

    Noi che, poveri ignoranti, non conosciamo la Costituzione non riusciamo a trovare un solo rigo nella medesima che autorizzi il capo dello Stato a chiedere notizie di un’indagine che non gli garba (come fece Napolitano nel dicembre scorso con quella della Procura di Salerno sui magistrati corrotti di Catanzaro); o a promulgare una legge facendo sapere per lettera che non gli piace per niente (come ha appena fatto col pacchetto sicurezza); o ad anticipare al governo che non firmerà un decreto (come ha fatto col decreto Englaro) o che non promulgherà una legge se non sarà modificata (come ha fatto con la legge-bavaglio sulle intercettazioni).

    Noi che, poveri ignoranti, non conosciamo la Costituzione non vi abbiamo trovato alcun articolo che consenta al capo dello Stato ad auspicare “una revisioni di regole e di comportamenti” in materia di intercettazioni e cronaca giudiziaria, a parlare di “abusi”, a invocare “soluzioni appropriate e il più possibile condivise” (come se una porcata votata da molti fosse meglio di una porcata votata da pochi). Né abbiamo trovato un solo articolo che gli permetta di invocare “tregue” nell’attività di opposizione e di informazione sul capo del governo coinvolto in scandali (sui quali il rappresentante dell’unità nazionale non ha mai proferito una sillaba). Ma forse, non volendo neppure immaginare che stia sbagliando lui, il problema è nostro: evidentemente abbiamo, della Costituzione, un testo vecchio e superato.

    Ignoranti come siamo, poi, non abbiamo capito nemmeno a quali indagini egli si riferisca quando, per l’ennesima volta, invita misteriose entità a “non indulgere alla spettacolarizzazione delle vicende giudiziarie e dei processi”. Visto che le nomina il capo dello Stato, sappiamo invece che le Autorità indipendenti sono anche affar suo, e da mesi speravamo che si accorgesse di un paio di presenze inquietanti al loro interno. L’Autorità Garante della Privacy è vicepresieduta da un certo Giuseppe Chiaravalloti, plurinquisito in Calabria per gravissimi reati e sorpreso al telefono con la sua segretaria a invocare l’eliminazione fisica, a opera della “camorra”, del magistrato Luigi De Magistris. Dell’Autorità Garante delle Comunicazioni fa parte il forzista Giancarlo Innocenzi, sorpreso a trafficare con il premier Berlusconi (che lui chiama “Grande Capo”) per acquistare senatori del centrosinistra e per procacciare lucrosi contratti a un produttore berlusconiano impegnato nella compravendita dei senatori medesimi (vedi intercettazioni riportate nel nostro libro “Papi”). Purtroppo, il capo dello Stato ha citato quest’ultima Autorità per raccomandare ai giornalisti di attenersi all’«importante codice di autoregolamentazione» da essa fissato per censurare le notizie scomode al potere.

    Ignoranti come siamo, pensavamo anche che gli uomini delle istituzioni fossero soggetti a critiche, tantopiù legittime quanto più alti sono i loro scranni. Invece abbiamo ieri appreso dall’Augusta Favella che “chi mi critica non conosce la Costituzione”. Insomma ogni critica alla sua Intoccabile Persona è lesa maestà, come nei regimi sovietici a lui tanto cari fino agli anni 50 (memorabile il suo elogio nel 1956, davanti al Comitato centrale del Pci, della repressione sovietica dei moti di Ungheria).
    Pensavamo anche che il capo dello Stato non dovesse scendere nell’agone politico, per bacchettare questo o quello come un Capezzone o un Cicchitto o un Quagliariello qualsiasi. Invece l’ha fatto con Antonio Di Pietro, reo addirittura di avergli chiesto di non promulgare leggi palesemente incostituzionali anziché chiosarle con la piuma d’oca. Mal gliene incolse: Napolitano l’ha chiamato sarcasticamente “guerriero” accusandolo di “vano rotear di scimitarra”. Era dai tempi di Cossiga che un capo dello Stato non se la prendeva frontalmente con un leader dell’opposizione (fra l’altro isolatissimo e solitario, dinanzi a un governo strapotente e strafottente e a un’opposizione inesistente): solo che, contro Cossiga, il Pci di Napolitano chiese l’impeachment trattandolo da golpista. Sui “guerrieri” alla Berlusconi & C. che roteano scimitarre tutt’altro che vane contro i magistrati e i giornalisti liberi, mai un sospiro dal Quirinale. Sui guerrieri alla Bossi & C., che ogni due per tre minacciano di “tirar fuori i fucili e i mitra” o di “oliare i kalashnikov”, ora contro i “comunisti” ora contro i “terroni” ora contro i “negri”, mai una parola dal Quirinale: un conto sono i fucili, i mitra e i kalashnikov, un altro le scimitarre.

    Ignoranti come siamo, pensavamo che non rientrasse fra i compiti del capo dello Stato giudicare l’attendibilità di testimoni d’accusa in questo o quel processo: invece, ieri, Napolitano ha deciso che le nuove rivelazioni di Spatuzza, Riina, Ciancimino jr. e altri sui mandanti esterni delle stragi di mafia & Stato “vengono da soggetti per lo meno discutibili” e comunque non bisogna parlarne: secondo Napolitano quelle rivelazioni, totalmente ignorate da gran parte dei telegiornali di regime, “sono state accolte da un clamore un po’ eccessivo”. In effetti, ne ha financo parlato qualche quotidiano. La prossima volta, per favore, silenzio. Il Presidente riposa.
     
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  5. onestobender
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    CITAZIONE
    Insomma ogni critica alla sua Intoccabile Persona è lesa maestà, come nei regimi sovietici a lui tanto cari fino agli anni 50 (memorabile il suo elogio nel 1956, davanti al Comitato centrale del Pci, della repressione sovietica dei moti di Ungheria).

    Adesso si capiscono molte cose riguardo il garante della Costituzione della Repubblica Feudale Italiana...


    Questa storia potrebbe essere riassunta con una metafora del tipo: il medico ordina a un paziente un farmaco che secondo me ha buonissime probabilità di ucciderlo. Cosa faccio io (Napolitano)? Mi lamento, ma lo somministro ugualmente.

    P.s. Credo che se andiamo avanti così alla fine della storia il paziente morirà.
     
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  6. lupog
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    Ho molte riserve su Travaglio, pur considerandolo un giornalista capace di svolgere il suo lavoro se non altro per aver avuto un maestro del calibro di Montanelli. Nell’articolo postato da Oskar devo dire che stavolta ha dato davvero il peggio di se. L’indubbia forza polemica dello scritto, destinato a far presa su un pubblico desideroso di una resa dei conti politica di tipo giacobino, mi porta a guardare al suo contenuto con ancora maggiore indignazione. A seguire cercherò di spiegare i motivi che mi portano ad assumere una così decisa presa di distanze dalle posizioni esternate da Travaglio.



    CITAZIONE (Marco Travaglio @ 22/7/2009, )
    Noi che, poveri ignoranti, non conosciamo la Costituzione non riusciamo a trovare un solo rigo nella medesima che autorizzi il capo dello Stato a chiedere notizie di un’indagine che non gli garba (come fece Napolitano nel dicembre scorso con quella della Procura di Salerno sui magistrati corrotti di Catanzaro); o a promulgare una legge facendo sapere per lettera che non gli piace per niente (come ha appena fatto col pacchetto sicurezza); o ad anticipare al governo che non firmerà un decreto (come ha fatto col decreto Englaro) o che non promulgherà una legge se non sarà modificata (come ha fatto con la legge-bavaglio sulle intercettazioni).

    Il capo dello stato in quanto supremo garante del corretto funzionamento delle istituzioni e presidente del CSM possiede anche il potere di richiedere gli atti di procedimenti giudiziari, sopratutto quando questi sono alla base di uno scontro senza precedenti tra procure, ( quelle di Salerno e catanzaro che si sfidavano a colpi di reciproci rinvii a giudizio) che stavano mettendo in seria discussione quel che restava della credibilità della magistratura.
    ( leggere quanto avevo già scritto in questo post #entry299980033 )
    Sempre nell’esercizio del suo ruolo il presidente della Repubblica può svolgere una funzione di stimolo nei confronti e in tal senso la prassi presenta dei precedenti di interventi preventivi nell’iter formazione di una legge. Il presidente Ciampi fu protagonista in numerosi casi di richiami preventivi al governo come quello in cui espresse dubbi sulla riforma costituzionale dell’art 117 ( quello sulla devolution) che costrinse il governo a riunirsi in più occasioni nel febbraio 2002 per modificare il testo del disegno di legge gia redatto e pronto per l’esame delle Camere

    http://archiviostorico.corriere.it/2002/fe...202225310.shtml

    analogo intervento preventivo venne tenuto da Ciampi che rinviò nel settembre 2003 al governo il testo del disegno di legge sull’autorità di cooperazione giudiziaria europea ( nota come eurojust) prima che questo venisse discusso in aula

    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/ar...mpi-boccia.html

    da segnalare il pressing di Ciampi in occasione dell’iter legislativo del ddl sul conflitto di interessi che portò a un incontro con il ministro Frattini in cui si discusse esplicitamente di come formulare il testo.


    http://www.repubblica.it/online/politica/c...g/pressing.html

    e l’annuncio fatto da Ciampi a Berlusconi sulla sua intenzione di non firmare il decreto per il Lodo Schifani- Maccanico che tutelava le più alte cariche dello Stato ( la vecchia versione del Lodo Alfano per intenderci) nel caso in cui fosse rimasta l’estensione della sospensiva anche ai coimpiutati ( il che avrebbe favorito Cesare Previti nei processi in cui era coimputato con Berlusconi). Notare come in questo caso il comportamento tenuto da Ciampi fu identico a quello di Napolitano relativo al caso Englaro contestato da Travaglio e Di Pietro. Ma non mi pare che nessuno dei due allora si stracciò la vesti.

    http://archiviostorico.corriere.it/2003/ma...030522117.shtml

    http://archiviostorico.corriere.it/2003/ma...030523011.shtml

    Illustri predecessori di Ciampi nelle interferenze dell’attività normativa del governo furono a suo tempo Scalfaro nel 1993 e addirittura Pertini nel 1981

    http://archiviostorico.corriere.it/1993/ma...030810400.shtml

    Val la pena osservare come Travaglio nonostante il suo monumentale archivio sia passato oltre nel rievocare questa casistica relativa alla prassi presidenziale, evidentemente non troppo favorevole alla sua vis polemica. :dev:


    CITAZIONE
    Noi che, poveri ignoranti, non conosciamo la Costituzione non vi abbiamo trovato alcun articolo che consenta al capo dello Stato ad auspicare “una revisioni di regole e di comportamenti” in materia di intercettazioni e cronaca giudiziaria, a parlare di “abusi”, a invocare “soluzioni appropriate e il più possibile condivise”

    Anche in questo caso occorre riproporre i richiami di Ciampi a interventi condivisi per affrontare i problemi del paese

    http://archivio-radiocor.ilsole24ore.com/a...ioni-condivise/


    CITAZIONE
    Né abbiamo trovato un solo articolo che gli permetta di invocare “tregue” nell’attività di opposizione e di informazione sul capo del governo coinvolto in scandali

    Non credo che chiedere di interrompere le polemiche politiche interne per il breve intervallo di tempo dei tre giorni in cui si svolgeva il g8 potesse compromettere in maniera irreparabile i diritti dell’opposizione e dell’informazione. Invitando a una dialettica politica meno chiassosa e polemica in modo da contribuire a far fare all’Italia una buona figura quale paese organizzatore di un summit internazionale il capo dello Stato ha agito da buon rappresentante dell’unità dello Stato tenendo conto dei superiori interessi della nazione.
    A mio parere invece Di Pietro ( il sodale di Travaglio) in quei giorni con la pagina acquistata nell’Herald Tribune in cui invocava il soccorso internazionale contro la democrazia in pericolo ha dato una ben misera rappresentazione di se. :doh:


    CITAZIONE
    Visto che le nomina il capo dello Stato, sappiamo invece che le Autorità indipendenti sono anche affar suo, e da mesi speravamo che si accorgesse di un paio di presenze inquietanti al loro interno. L’Autorità Garante della Privacy è vicepresieduta da un certo Giuseppe Chiaravalloti, plurinquisito in Calabria per gravissimi reati e sorpreso al telefono con la sua segretaria a invocare l’eliminazione fisica, a opera della “camorra”, del magistrato Luigi De Magistris. Dell’Autorità Garante delle Comunicazioni fa parte il forzista Giancarlo Innocenzi, sorpreso a trafficare con il premier Berlusconi (che lui chiama “Grande Capo”) per acquistare senatori del centrosinistra e per procacciare lucrosi contratti a un produttore berlusconiano impegnato nella compravendita dei senatori medesimi (vedi intercettazioni riportate nel nostro libro “Papi”).

    Gli incarichi per le autorità indipendenti vengono conferiti a secondo dei casi dal Parlamento, dal Governo, o di concerto da entrambe le istituzioni. Il potere di nomina dei presidenti delle Autorità attribuito dall’articolo 87 Cost. al presidente della Repubblica non è altro che la sanzione formale a un investitura stabilita da altri. Nello specifico dei rilievi mossi da Travaglio i membri dell’Autorità Garante per la Privacy vengono eletti dalle due Camere e i quattro componenti designati provvedono poi a decidere chi di loro diviene presidente e vicepresidente. L’autority per le comunicazioni invece consta di otto membri. Ciascuna camera elegge quatto membri, mentre il presidente dell’autorità viene designato dal presidente del Consiglio sentito il ministro per le comunicazioni, con parere vincolante per la nomina effettuata dal Capo dello Stato. S
    Fatte queste considerazioni, e tenuto contro della non responsabilità del presidente della Repubblica stabilita dall’art 90 della costituzione, se Travagllo rileva che alcune persone che fanno parte delle Autorities non sono moralmente idonee a svolgere i loro incarichi , dovrebbe chiederne conto non a Napolitano ma alle istituzioni che portano l’effettiva responsabilità della designazione e cioè ai parlamentari, ai presidenti di camera e Senato, al governo e al presidente del Consiglio.

    PER SAPERNE DI PIU' SULLE AUTORITÀ' INDIPENDENTI SI PUÒ' LEGGERE QUESTO DOCUMENTO IN PDF DEL FORUM DEI QUADERNI COSTITUZIONALI (EDIZIONI IL MULINO) :)




    CITAZIONE
    Ignoranti come siamo, pensavamo anche che gli uomini delle istituzioni fossero soggetti a critiche, tantopiù legittime quanto più alti sono i loro scranni.

    Non è in discussione il diritto di dissentire e anche di criticare le decisioni e i comportamenti degli uomini delle istituzioni. Ma le osservazioni andrebbero poste con il rispetto dovuto al ruolo ricoperto dal Capo dello Stato e non come è avvenuto nello specifico, accusandolo "di ammantare di ipocrisia una legge che meritava di essere espulsa dall'ordinamento"

    http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/p...tano-15lug.html




    CITAZIONE
    Pensavamo anche che il capo dello Stato non dovesse scendere nell’agone politico, per bacchettare questo o quello come un Capezzone o un Cicchitto o un Quagliariello qualsiasi. Invece l’ha fatto con Antonio Di Pietro, reo addirittura di avergli chiesto di non promulgare leggi palesemente incostituzionali anziché chiosarle con la piuma d’oca. Mal gliene incolse: Napolitano l’ha chiamato sarcasticamente “guerriero” accusandolo di “vano rotear di scimitarra”.

    A dire il vero Napolitano non ha fatto alcun nome di politico. Ma in riferimento al “vano rotear di spada", il prode Don Chisciotte - Di Pietro deve essersi sentito punto sul vivo del suo spirito cavalleresco e ha risposto da par suo con la citazione latina “excusatio non petita......” . E mentre ancora mi sto a chiedere la replica del buon Tonino che diavolo c’azzecca ( per dirlo in dipietrese) ecco il fido Sancho Travaglio andargli prontamente dietro. :shifty:
    Per rientrare nel merito, se la legge sulla sicurezza contiene elementi incostituzionali sarà la Consulta a pronunciarsi. Nel frattempo il presidente della Repubblica ha dato il suo parere di cui certamente i giudici costituzionali terranno conto. E non è cosa da poco. :ok:


    CITAZIONE
    Ignoranti come siamo, pensavamo che non rientrasse fra i compiti del capo dello Stato giudicare l’attendibilità di testimoni d’accusa in questo o quel processo: invece, ieri, Napolitano ha deciso che le nuove rivelazioni di Spatuzza, Riina, Ciancimino jr. e altri sui mandanti esterni delle stragi di mafia & Stato “vengono da soggetti per lo meno discutibili” e comunque non bisogna parlarne

    Massimo Ciancimino, condannato per riciclaggio del denaro acquisito dal padre Vito nella sua attività di politico colluso con la mafia. Totò Riina, il capo di Cosa Nostra, plurioergastolano e organizzatore tra l’altro delle stragi che hanno ucciso Falcone e Borsellino. Le rivelazioni di cui sarebbero portatori sono una generica denuncia di un coinvolgimento di alti piani della politica nei suddetti attentati. Premesso che tale coinvolgimento è estremamente probabile e che dunque non è affatto difficile riproporre indiscrezioni già sentite, qual’è il contributo di questi galantuomini all’accertamento della verità? Inesistente! Cinacimino da mesi millanta documenti che proverebbero le richieste di Cosa Nostra allo Stato per fermare le stragi. E lo stesso Riina, che continua con la sua famiglia ad avere un ruolo in Cosa nostra ( il figlio è stato recentemente arrestato per mafia) arriva addirittura a negare la verità processuale acclarata del suo coinvolgimento in suddette stragi dipingendosi come un parafulmine di una verità più grande di lui.
    Se costoro avessero veramente intenzione di collaborare dovrebbero vuotare il sacco e dire tutta la verità. Invece si limitano a delle affermazioni che probabilmente nascondono un intenzione destabilizzatrice volta a depistare le indagini.
    Di fronte a questo quadro , il presidente della Repubblica fa una affermazione di banale buon senso sottolineando come si debba prendere con il beneficio di inventario ciò che dicono Riina & C. E viene accusato da Travaglio di invitare a non parlare di queste vicende . Cosa assolutamente falsa. Nella teoria del giornalista Riina fa delle rivelazioni, mentre il Capo dello Stato è uno che promuove l’omertà. :sick:

    Il mio giudizio in sintesi: ritengo che l’articolo di Travaglio sia un raro concentrato di inesattezze , di affermazioni che trasudano demagogico populismo, di accuse totalmente infondate e gratuite al Capo dello Stato. A una attenta lettura non sono riuscito a salvarne una riga. Vi si rileva l’abisso esistente tra il ruolo di arbitro super partes svolto dal presidente della Repubblica e la partigianeria di Travaglio e Di Pietro . Nella interpretazione della Costituzione dei novelli Robespierre e Marat ( l’unica meritevole di essere considerata ortodossa) , se il Capo dello Stato non presta il fianco alle loro battaglie di parte diventa automaticamente un alleato degli avversari e quindi va trattato con lo stesso disprezzo rivolto ai nemici da sconfiggere. Gli attacchi rivolti a Napolitano sono l’ennesimo tentativo di utilizzare il Quirinale come arma polemica per acquisire il consenso nella maniera più bassa possibile. Quella che non contempla il minimo rispetto per le istituzioni.

    Reputo infine che nel promulgare la legge della sicurezza Napolitano si sia mosso in maniera per certi versi effettivamente inedita, ma a ben guardare la prassi presidenziale, non si è distanziato di molto dal comportamento tenuto da suoi illustri predecessori.

    Edited by lupog - 23/7/2009, 13:37
     
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  7. _SmokY_
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    Io mi astengo dal commentare Travaglio (nome che è tutto un programma), mi limito a questo :lollosso: :

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    Condivido gran parte delle articolate e ben argomentate critiche di lupog; tuttavia c'è un aspetto che salverei del pezzo di Travaglio e anche delle critiche di Di Pietro e sta nella rottura di un'idea diffusa per la quale il presidente della Repubblica è inattaccabile o quasi.
    Io trovo che Napolitano sia stato molle ed eccessivamente permissivo verso le porcherie del Governo e della maggioranza e ritengo assurdo che questa posizione sia considerata sovversiva.
    Resta che, però, Travaglio qui ha superato ampiamente i limiti della decenza nella crtica, in una misura che mai gli avevo visto toccare.
     
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